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dai GIORNALI di OGGI

Ru-486, seduta a oltranza. Poi il via alla pillola abortiva. Il Vaticano insorge

Il via libera, atteso da anni, alla pillola abortiva Ru486 è appena arrivato. E già parte il pressing per indurre l'Agenzia del farmaco ad adottare almeno norme restrittive rispetto all'uso. Il Vaticano incalza. Il presidente del presidente della Pontificia accademia

2009-08-01

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CORRIERE della SERA

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2009-08-01

La lettera di Sacconi all'Aifa e la nota di Mons. Fisichella sull'Osservatore Romano

Il governo: indicazioni certe sulla Ru486

Il Vaticano: "La Chiesa non può tacere"

Il quotidiano della Santa Sede: bisogna formare le coscienze, non dare pillole con leggerezza

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NOTIZIE CORRELATE

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Rapporto sull’aborto: interventi in calo Ed è subito scontro sulla Ru486 (30 luglio 2009)

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LA SCHEDA: come funziona la pillola abortiva

L'intervento di mons. Fisichella sull'Osservatore Romano

L'intervento di mons. Fisichella sull'Osservatore Romano

MILANO - Il governo interviene sulla pillola Ru486 e chiede formalmente che vi siano indicazioni certe sul suo uso. Nel frattempo la Chiesa cattolica torna a prendere posizione contro il via libera alla commercializzazione del farmaco. "La Chiesa non può mai assistere in maniera passiva a quanto avviene nella società - sottolinea mons. Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia della vita, in un editoriale sull'Osservatore Romano - : è chiamata a rendere sempre presente quell'annuncio di vita che le permette di essere nel corso dei secoli segno tangibile del rispetto per la dignità della persona". E in particolare, è il senso del suo intervento, quando ad essere minacciata è la vita umana.

I "PALETTI" DEL GOVERNO - Sacconi ha chiesto l'intervento dell'Aifa con una lettera a 24 ore dall'autorizzazione alla vendita della Ru486. Il governo chiede in particolare al presidente e al direttore generale dell’Aifa "indicazioni certe circa i modi di utilizzo del farmaco affinché esso sia vincolato nella prassi al rispetto dei profili della legge attraverso l`individuazione di un percorso attentamente definito per l`interruzione volontaria di gravidanza farmacologica". Nella sua lettera Sacconi sottolinea anche come la stessa decisione del Consiglio di amministrazione, di "condizionare la somministrazione della pillola abortiva ad una serie di regole che dovranno essere definite in sede tecnica dalla stessa Agenzia", appare esprimere "la unanime consapevolezza in esso della necessità di rimuovere i pericoli impliciti in un metodo che potrebbe determinare minore attenzione ai profili etici, sociali e sanitari e che rischia di ricondurre l`aborto in un ambito di solitudine privata".

"NO ALLE TECNICHE ABORTIVE" - "La nostra opposizione a ogni tecnica abortiva è per affermare ogni giorno il si alla vita con quanto essa comporta - si legge invece nell'editoriale di mons. Fisichella -: per questo motivo dinnanzi alla superficialità che spesso incombe permane immutato l'impegno per la formazione, così da cogliere giorno dopo giorno l'impegno per vivere la sessualità, l'affettività e l'amore con gioia e non con preoccupazione, ansia e angoscia". La nota indica "la via da seguire per mantenere il primato dell'etica", che "non è quella di fornire con molta tranquillità una pillola, ma piuttosto quella di formare le coscienze, compito arduo perchè comporta non solo l'impegno in prima persona, ma la capacità di farsi ascoltare e di essere credibile". "Ciò - conclude mons. Fisichella - significa ribadire il nostro richiamo all'urgenza educativa perchè i giovani comprendano l'importanza di fare propri dei valori che permangono come patrimonio di cultura e di identità personale: non potremo mai abituarci alla bellezza che la vita comporta dal suo primo istante in cui fa sentire di essere presente nel grembo di una madre fino al momento estremo in cui dovrà lasciare questo mondo".

 

31 luglio 2009(ultima modifica: 01 agosto 2009)

 

 

 

 

 

 

 

 

la Santa Sede: "scomunica per chi la usa e per chi la prescrive"

La Ru486 arriva in Italia

Dura condanna del Vaticano

Via libera a maggioranza dall'Agenzia del farmaco

alla commercializzazione della pillola abortiva

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L'agenzia dei tecnici è pronta a dire sì alla RU486

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Rapporto sull'aborto: interventi in calo

Il ginecologo Silvio Viale mostra una confezione di Ru486 (Emmevi)

Il ginecologo Silvio Viale mostra una confezione di Ru486 (Emmevi)

ROMA - La Ru486 arriva in Italia. Dopo una riunione durata più di quattro ore, è arrivato giovedì in tarda serata il via libera a maggioranza (quattro contro uno) dall'Agenzia italiana del farmaco alla pillola abortiva. Il Consiglio di amministrazione dell'Aifa ha infatti approvato l'immissione in commercio nel nostro Paese del farmaco già commercializzato in diverse altre Nazioni. Nel Cda dell'Aifa hanno votato a favore della pillola il presidente Sergio Pecorelli e i consiglieri Giovanni Bissoni, Claudio De Vincenti e Gloria Saccani Jotti. Ad esprimersi negativamente è stato invece Romano Colozzi, assessore alle Risorse e Finanze della Regione Lombardia. La Ru486 potrà essere utilizzata in Italia solo in ambito ospedaliero, così come la legge 194 prevede per le interruzioni volontarie di gravidanza. Nelle disposizioni, ha spiegato l'assessore Bissoni, c'è un "richiamo al massimo rispetto della legge 194 e all'utilizzo in ambito ospedaliero. Dopo una lunga istruttoria è stato raccomandato di utilizzare il farmaco - ha aggiunto - entro il quarantanovesimo giorno, cioè entro la settima settimana". Entro questo termine, infatti, le complicanze per l'uso del farmaco sono sovrapponibili a quelle dell'aborto chirurgico, ha concluso l'assessore.

LA CONDANNA DEL VATICANO - Ancora prima che l'Aifa si pronunciasse, il Vaticano era tornato all'attacco contro la pillola abortiva. L'Osservatore Romano aveva affrontato in mattinata il nodo della Ru486 riportando le preoccupazioni espresse dalla sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella. "La decisione dell’Aifa a favore della commercializzazione - secondo il sottosegretario, non è scontata, alla luce delle 29 morti tra donne in vari Paesi del mondo causate dalla Ru486. Sulla sicurezza della pillola, dunque, "persistono molte ombre"", ha scritto il quotidiano vaticano. È stato poi monsignor Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Academia pro Vita, a spiegare che l'uso della pillola in questione comporta la scomunica per le donne che vi fanno ricorso così come per i medici che l’hanno prescritta perché la sua assunzione è analoga a tutti gli effetti dell’aborto chirurgico. "Dal punto di vista canonico è come un aborto chirurgico" sottolinea il vescovo. "L’assunzione della Ru486 equivale ad un aborto volontario con effetto sicuro, perché se non funziona il farmaco c’è l’obbligo di proseguire con l’aborto chirurgico. Non manca nulla. Cosa diversa è la pillola del giorno dopo, che, pur rivolta ad impedire la gravidanza, non interviene con certezza dopo che c’è stato il concepimento. Per la Ru486, quindi, c’è la scomunica per il medico, per la donna e per tutti coloro che spingono al suo utilizzo". "Rimango allibito dall'atteggiamento dell'Aifa (agenzia italiana per i farmaci)" ha anche detto Sgreccia e " spero - ha aggiunto - che ci sia un intervento da parte del governo e dei ministri competenti" perché la pillola abortiva RU486 "non è un farmaco, ma un veleno letale".

"L'AGGRAVANTE DEL RISCHIO PER LA MADRE" - La pillola"ha effetto abortivo, quindi valgono - prosegue Sgreccia - tutte le considerazioni che valgono quando si parla di aborto volontario. C’è, inoltre, un’aggravante che dovrebbe far riflettere anche chi appoggia la legalizzazione dell’aborto chirurgico, ed è il rischio per la madre. Più di venti donne sono morte per effetto della somministrazione di questa sostanza. Questo farmaco assume, quindi, la valenza del veleno. È una sostanza non a fine di salute, ma a fine di morte. Si va contro la regola fondamentale della vita della madre. Bisognerebbe, per questo motivo, sospendere tutto. Inoltre - prosegue il vescovo - si cerca di scaricare sulla donna sola la responsabilità della decisione. Si torna a una forma di privatizzazione dell’interruzione di gravidanza. All’inizio si è legalizzato l’aborto proprio per toglierlo dalla clandestinità, ora il medico se ne lava le mani e il peso di coscienza ricade sulla donna".

"SULL'AIFA PRESSIONI POLITICHE ED ECONOMICHE" - Sgreccia poi non ha dubbi sulle cause che spingono l’Aifa alla liberalizzazione del farmaco: si tratta, secondo il presule, di "pressioni politiche ed economiche".

 

30 luglio 2009(ultima modifica: 31 luglio 2009)

 

 

 

Cos’è la Ru486

È un’alternativa all’aborto chirurgico. Provoca, attraverso l’assunzione di pillole di mifepristone, l’interruzione di una gravidanza già in corso

Il mifepristone

È un farmaco che agisce direttamente sui recettori del progesterone, ormone necessario a sostenere la crescita dell’embrione fecondato. La pillola provoca l’espulsione dell’embrione senza il trauma dell’intervento chirurgico

La somministrazione

Il mifepristone va somministrato entro il periodo che va dal 49˚ al 54˚ giorno di gravidanza. L’efficacia è del 95-98%

La sperimentazione

In Italia per la Ru486 la sperimentazione è cominciata nel 2005. Fra i suoi sostenitori e fra i primi a sperimentarla il ginecologo Silvio Viale, al Sant’Anna di Torino

 

 

 

 

Il governo Il sottosegretario alla Salute: "La legge 194 funziona".

Rapporto sull’aborto: interventi in calo

Ed è subito scontro sulla Ru486

Roccella: ci sono stati 29 decessi dopo l’assunzione del farmaco.Gli obiettori passano dal 58 al 70 per cento

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NOTIZIE CORRELATE

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L'agenzia dei tecnici è pronta a dire sì alla RU486

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LA SCHEDA: ecco come funziona la pillola abortiva

Uno scorcio dell'intervento di mons. Fisichella sull'Osservatore Romano

Uno scorcio dell'intervento di mons. Fisichella sull'Osservatore Romano

ROMA — E’ il calo più sen­sibile degli ultimi undici an­ni. Il 4,1 in meno di gravidan­ze interrotte ogni mille don­ne rispetto al 2007, il 48,3 ri­spetto al 1982. Significa che in 5.150 in Italia hanno deci­so di non rinunciare a diven­tare madri. Solo nel 2004 la percentuale era stata supe­riore, il 4,5. Se continua que­sto andamento già il prossi­mo anno il numero potreb­be essere dimezzato. "E’ il se­gno che la legge 194 funzio­na e non va modificata in nessuna parte. Deve però es­sere potenziata la prevenzio­ne. I consultori sono ancora l’anello debole", commenta il sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella scorrendo i dati dell’ultimo rapporto sull’aborto presentato al Par­lamento. L’unico intervento, caso mai, potrebbe consiste­re in linee guida tecniche per uniformare il comporta­mento delle Regioni.

Una nota confortante che però non cancella il malumo­re del sottosegretario e del suo staff per quello che con buone probabilità accadrà oggi in Aifa, l’Agenzia del far­maco. Nell’ultima riunione prima delle ferie è all’ordine del giorno l’approvazione della pillola abortiva, la Ru 486. Ultima tappa di una "ga­ra " che va avanti da circa due anni. Secondo Roccella non è così scontato che arri­vi il via libera: "Non è un passaggio solo burocratico, si dovranno valutare rischi e benefici. Ho dubbi sulla sicu­rezza ". L’ultimo tentativo di fermare la pratica Ru 486 è stato un dossier dove veniva documentata la morte di 29 pazienti nel mondo. Il Comi­tato tecnico scientifico nella riunione di due settimane fa ha comunque dato il via libe­ra e ha passato la parola al Consiglio di amministrazio­ne.

Per quanto riguarda la re­lazione consegnata alle ca­mere, gli effetti della legge introdotta nel ’78 continua­no ad essere positivi. Il calo dei tassi di abortività è evi­dente in ogni fascia di popo­lazione, comprese le mino­renni con un tasso del 4,8 per milla nel 2007 (-1,0 ri­spetto al precedente rileva­mento). Due i punti deboli, innanzitutto il fenomeno del­l’obiezione di coscienza, in crescita e questo potrebbe in­fluire anche sulla sommini­strazione della RU 486, (ma al ministero fanno notare che questi dati prima non ve­nivano racconti) e il boom delle immigrate che si com­portano in controtendenza rispetto alle italiane.

Nelle comunità straniere il tasso è salito al 32 per mil­le, prime utenti dei servizi le donne dell’Est dove l’aborto è considerato una forma di contraccezione. I ginecologi che chiedono di essere solle­vati dei servizi ospedalieri per l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) sono passati dal 58% del 2005 al 70% del 2007. Questa fuga, meno marcata tra anestesi­sti e personale non medico, non sembrerebbe incidere sui tempi di attesa che solo in percentuale trascurabile sarebbero superiori ai 14 giorni. Si stima che gli aborti in clandestinità siano circa 15 mila, un dato che è stato ripreso dalle precedenti rela­zioni e che viene ritenuto fi­siologico, legato a certe co­munità (molto praticato ad esempio dalle cinesi per una questione di ignoranza). La Roccella fa notare alcuni pri­mati dell’Italia: i tassi di abor­tività sono tra i più bassi d’Europa, malgrado la con­traccezione goda di scarsa fortuna (il 20% delle donne): "Dipende da un fattore cultu­rale. E’ ancora solido il senso della famiglia".

M.D.B

30 luglio 2009(ultima modifica: 31 luglio 2009)

 

 

 

 

 

 

REPUBBLICA

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2009-08-02

Scende in campo il cardinale presidente della Cei che invita i medici all'obiezione

"Così si finisce per affermare solo il diritto del più forte"

Pillola abortiva, Bagnasco attacca

"E' una crepa nella nostra civiltà"

Nencini (presidente del Consiglio della Toscana": "Le donne sanno scegliere

Nella nostra regione che sperimenta la RU486 non c'è stato aumento degli aborti"

Pillola abortiva, Bagnasco attacca "E' una crepa nella nostra civiltà"

Il cardinale Angelo Bagnasco

ROMA - "Una crepa nella civiltà", "La libertà di scelta finisce per affermare solo il diritto del più forte". Continua, feroce, la polemica sulla Ru486, la pillola abortiva ammessa anche in Italia dalla decisione dell'Aifa. La Chiesa non dà tregua e scende in campo, con un'intervista sull'Avvenire, il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei che invita anche i medici a far crescere l'obiezione di coscienza.

Gli risponde, indirettamente, il presidente del Consiglio regionale della Toscana (e segretario nazionale del Ps), Riccardo Nencini: "Le donne sanno decidere sulla gravidanza e non c'è bisogno di mettere in discussione la 194. Al di là di ogni discussione - aggiunge Nencini - un dato di fatto viene dalla Toscana, regione che già applica l'uso della RU486 e dove non si è registrato alcun aumento di aborti". Sullo sfondo, molti interventi di parte cattolica che, ormai, puntano direttamente alla modifica della legge 194. Il più significativo è quello del ministro per l'Attuazione del Programma, Giovanni Rotondi: "Politici cattolici e laici - afferma in una nota - devono impegnarsi per il nuovo obiettivo di progresso di una civiltà senza aborto. In italia il tema è rafforzare la prevenzione prevista nella 194 e mai attivata".

Bagnasco. Il cardinale genovese e presidente dei vescovi non usa mezze misure. Ed è evidente, dalle sue parole l'intenzione di schierare in campo tutto il peso e la forza della Chiesa per fare pressione sul governo.

Con la RU486, ragiona Bagnasco, "si rende tutto più facile", e s'induce sempre più a considerare "l'aborto come un anticoncezionale, cosa che la legge 194 assolutamente esclude".

Bagnasco afferma di aver provato "tristezza, amarezza, preoccupazione" dopo il via libera dell'Aifa, e bolla la decisione come "una crepa nella nostra civiltà". "Dove non c'è rispetto integrale della vita umana nel suo concepimento, nella sua fragilità e poi nel suo tramonto - spiega - la società è meno umana. E' amaro che così prevalga il diritto del più forte".

E la responsabilità è anche della politica, che non ha fatto tutto il possibile per arginare questa "deriva": "Si può ragionevolmente fare di più, nel rispetto dei meccanismi democratici", dice il presidente dei vescovi italiani, augurandosi che si alzi "una voce più coraggiosa, chiara, argomentata a tutti i livelli sui temi della vita umana" da parte dei "laici cattolici". E' "pretestuoso" invocare l'allineamento all'Europa per giustificare la scelta della pillola abortiva: gli "obiettivi" indicati dagli organi sovranazionali, secondo Bagnasco, vanno considerati "solo quando sono orientati al bene, all'ordine morale. Diversamente, un Paese membro deve discostarsi, dando il buon esempio agli altri e diventando capofila di una inversione di marcia". Infine un appello ai medici, affinchè "cresca" l'obiezione di coscienza, "nata da profondi convincimenti".

(2 agosto 2009)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2009-08-01

Palazzo Chigi vuol capire se i paletti posti dai tecnici per un trattamento supercontrollato

sono sufficienti: altrimenti partirà una nuova offensiva. Vincoli severi e un test

"Non ci sarà un altro caso Englaro"

il governo prepara la contromossa

di CARMELO LOPAPA

"Non ci sarà un altro caso Englaro" il governo prepara la contromossa

ROMA - Palazzo Chigi si è dato pochi giorni. Giusto il tempo di capire se quella stessa Agenzia italiana del farmaco che ha dato il via libera alla pillola abortiva in Italia metterà per iscritto, in una delibera, i paletti promessi perché il trattamento sia supercontrollato. Se questo non avverrà entro Ferragosto - come i neocon del governo sospettano - allora tutto è pronto per il piano B: vincoli e condizioni da inserire in un provvedimento più ampio di "piena attuazione della 194" già allo studio per settembre: ricovero per l'espulsione dell'embrione e test psicologici per le donne che fanno richiesta della Ru486.

Quel "non possiamo assistere passivi" di monsignor Rino Fisichella è stato un monito che dalle mura vaticane ha presto varcato il Tevere, rafforzato in poche ore dall'Avvenire che ha chiamato in causa "le componenti politiche che non hanno fatto quel che potevano". Segnali inequivocabili per un esecutivo come quello Berlusconi già alla disperata ricerca di un "riaccreditamento" presso la Santa Sede dopo gli scandali personali del premier. Così, la lettera all'Aifa che il ministro della Salute Maurizio Sacconi rende pubblica al termine di una giornata concitata - dopo un lungo consulto con Gianni Letta, Eugenia Roccella e Alfredo Mantovano - evidenzia la chiara volontà di porre un argine al via libera. Ma, al contempo, la consapevolezza di una sostanziale impotenza del governo, che non ha alcun potere effettivo di intervento. La parola d'ordine che si sono ripetuti ieri è: evitare un nuovo caso Englaro, con l'inutile invio di ispettori.

"Questa volta, pur nutrendo parecchie perplessità su una tecnica che riteniamo poco compatibile con la 194 - è il parere del sottosegretario Roccella - preferiamo prima vedere il gioco dell'Agenzia per il farmaco, attendere la delibera". E quel che Sacconi si aspetta, anzi pretende dal protocollo lo ha messo per iscritto ieri: il rispetto della legge sull'aborto, oltre al ricovero in una struttura sanitaria. Lettera chiusa ricordando il "dovere di vigilare da parte del ministero" che, più che rivolto all'Aifa, sa di rassicurazione a chi, Oltretevere, attende un segnale immediato dal governo.

Se poi quei paletti non dovessero arrivare, allora l'esecutivo non resterà comunque alla finestra. Due le condizioni allo studio per arginare una liberalizzazione tout court dell'utilizzo della pillola abortiva. "Si tratta di misure da concordare con le Regioni, sia chiaro - spiega il sottosegretario Roccella - che potrebbero essere inserite in un provvedimento più ampio finalizzato alla piena attuazione della 194, finora poco applicata nella parte dedicata alla prevenzione". Punto primo, ricorso alla Ru486 solo a condizione che l'espulsione dell'embrione coincida col ricovero obbligatorio. Punto secondo, subordinare l'utilizzo della pillola alle sole donne che superano una sorta di test socio-psicologico, sulla scia del questionario adoperato in Francia, dove l'aborto chimico è datato 1988. Il test consentirebbe di vietare la pillola per le categorie considerate più a rischio: le donne che non hanno conoscenze linguistiche adeguate (straniere da poco in Italia), chi risiede ad oltre un'ora da un ospedale, chi non ha un'alta tolleranza al dolore, le donne sole o prive di assistenza, quelle prive di un'auto. È una bozza, un'ipotesi in cantiere che tuttavia - sanno bene al ministero - non potrà essere imposta, semmai pilotata attraverso protocolli di intesa con le Regioni.

Di certo, non rientra nei piani del governo una modifica - pur invocata dalle frange più conservatrici del Pdl - della 194. Tanto più dopo la relazione annuale sull'interruzione volontaria di gravidanza depositata pochi giorni fa in Parlamento. Che racconta come l'Italia sia il paese col tasso di aborti tra i più bassi d'Europa. Nel 2008 sono stati 121 mila, il 4% meno dell'anno precedente e il 48% meno del 1982.

(1 agosto 2009)

 

 

 

 

Lunga discussione votazione (4-1) nell'agenzia del farmaco

Potrà essere utilizzata solo in ambito ospedaliero ed entro la settima settimana

Ru486, via libera dall'Aifa

La pillola abortiva in Italia

Ru486, via libera dall'Aifa La pillola abortiva in Italia

ROMA - Via libera a maggioranza dall'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) alla pillola abortiva Ru 486. Il Consiglio di amministrazione dell'Aifa ha infatti approvato l'immissione in commercio del farmaco in Italia. La pillola è già commercializzata in vari paesi.

La votazione si è risolta con un risultato di quattro contro uno a favore della vendita. L'ok è venuto dal presidente del Cda dell'Agenzia Italiana del Farmaco, Sergio Pecorelli, e dai consiglieri Giovanni Bissoni, Claudio De Vincenti e Gloria Saccani Jotti. Ad esprimersi negativamente è stato invece Romano Colozzi, assessore alle Risorse e Finanze della Regione Lombardia.

La Ru486 potrà essere utilizzata in Italia solo in ambito ospedaliero, così come la legge 194 prevede per le interruzioni volontarie di gravidanza. Lo ha spiegato al termine della lunga riunione, Giovanni Bissoni, assessore alla Sanità dell'Emilia Romagna e componente del Cda.

Nelle disposizioni, ha aggiunto Bissoni, c'è un "richiamo al massimo rispetto della legge 194 e all'utilizzo in ambito ospedaliero. Dopo una lunga istruttoria è stato raccomandato di utilizzare il farmaco - ha aggiunto - entro il quarantanovesimo giorno, cioè entro la settima settimana". Entro questo termine, infatti, le eventuali complicanze sono sovrapponibili a quelle dell'aborto chirurgico.

Le prime reazioni corrispondono alle posizioni degli schieramenti da tempo in campo. L'Aied (Associazione italiana per l'educazione demografica) plaude la decisione del Cda dell'Aifa: "Ci si allinea con i paesi europei, recuperando un ritardo che ha penalizzato le donne italiane".

Durissimo, dall'altra parte, il senatore dell'Udc, Luca Volonté: "Con la commercializzazione della

pillola assassina trionfa la cultura della morte. E non è sicura: ricorrendo all'aborto chimico, donne e ragazze italiane che vogliono evitare una gravidanza indesiderata non faranno altro che uccidere di sicuro una vita umana mettendo in pericolo anche la propria. Mentre i decessi per l'assunzione della 'kill pill' sono accertate, le proprietà del farmaco restano ancora avvolte nel mistero. La mancata pubblicazione del dossier da parte della Exelgyn è un occultamento della verità scientifica che aggrava la totale mancanza di trasparenza nell'operazione messa a segno oggi".

(30 luglio 2009)

 

 

 

 

 

 

 

Monsignor Fisichella: "Chi abortisce sia cosciente della gravità del gesto"

Il ministro Sacconi all'Agenzia del farmaco: "Regole certe, si rispettino i limiti della 194"

Pillola abortiva, l'ira del Vaticano:

"La Chiesa non resterà passiva"

Franceschini: "L'interruzione di gravidanza è legge, e questo è un sistema meno invasivo"

Fuoco di sbarramento dalla maggioranza, la Prestigiacomo: "Ok sotto controllo ospedaliero"

Pillola abortiva, l'ira del Vaticano: "La Chiesa non resterà passiva"

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Multimedia

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ROMA - Il via libera dell'Agenzia del farmaco (Aifa) alla pillola abortiva ha innescato una serie di reazioni contrapposte. Il Vaticano ha subito parlato di "veleno letale" e di "delitto" che comporta "la scomunica" della chiesa per chi la usa, la prescrive o partecipa a qualsiasi titolo "all'iter". "Non possiamo restare passivi", ha scritto monsignor Rino Fisichella in un editoriale dell'Osservatore Romano. Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi chiede garanzie che l'uso della pillola non entri in contrasto con le regole stabilite dalla 194. I radicali e il centrosinistra hanno invece parlato di vittoria per le donne. Posizioni differenti nel centrodestra.

Fisichella: "Chi abortisce sia cosciente della gravità del gesto". "La Chiesa non può mai assistere in maniera passiva a quanto avviene nella società". Non lascia dubbi l'articolo di monsignor Fisichella, presidente della Pontificia Accademia della Vita. La pillola Ru486 è - sottolinea il presule - "una tecnica abortiva" perché sopprime una "vita umana vera e piena". Fare ciò - ricorda - "è una responsabilità che nessuno può permettersi di assumere senza conoscerne a fondo le conseguenze". Quanti faranno ricorso alla pillola compiranno "un atto abortivo diretto e deliberato; devono sapere delle conseguenze canoniche a cui vanno incontro, ma soprattutto devono essere coscienti della gravità oggettiva del loro gesto".

Sacconi: "Garantire compatibilità con la legge 194". Il ministro Sacconi si dice "certo che l'Aifa saprà indicare nel dettaglio le modalità con cui garantire il pieno rispetto della legge 194, la quale impone il ricovero in una struttura sanitaria dal momento dell'assunzione del farmaco fino alla certezza dell'avvenuta interruzione della gravidanza, come ricordato dallo stesso comunicato del Consiglio di amministrazione dell'Agenzia". In esso, sottolinea il ministro, "si ribadisce anche che la legge prevede una stretta sorveglianza, da parte del personale sanitario cui è demandata la corretta informazione sul trattamento, sui farmaci da associare e sui possibili rischi, nonché l'attento monitoraggio del percorso abortivo onde ridurre al minimo le reazioni avverse".

Movimento per la vita: "Banalizza l'aborto". L'aborto in Italia "è diventato un fatto di massa, di routine, e la pillola Ru486 è particolarmente grave perchè lo banalizza. E in definitiva vuole cancellare fino in fondo l'idea che c'è di mezzo la vita di un figlio. Come si fa a dire che c'era davvero un bambino se per ucciderlo basta bere un bicchier d'acqua o poco più?". A chiederselo è il presidente del Movimento per la Vita Carlo Casini, commentando a Radio Anch'io il via libera in Italia della pillola abortiva.

Roccella: "Clandestinità legale, contraria alla 194". "Non sono stati chiariti alcuni punti oscuri del metodo relativi alla sicurezza nell'utilizzo" della Ru486: è il primo commento del sottosegretario al Welfare, Eugenia Roccella, la quale chiede "chiarezza" all'Aifa. "Come ministero - aggiunge - dobbiamo garantire la compatibilità con la legge 194 sull'interruzione volontaria di gravidanza e dobbiamo garantire la sicurezza delle donne". Il pericolo, secondo Roccella, è che con la pillola abortiva Ru486 si possa arrivare a una "cladestinità legalizzata" degli aborti. Il metodo dell'aborto farmacologico, ha affermato, "intrinsecamente porta la donna ad abortire a domicilio, proprio perchè il momento dell'espulsione non è prevedibile", in una sorta di "clandestinità legale". Che è "difficilmente compatibile con la 194".

Monsignor Sgreccia: "Delitto da scomunica".

"Per voce di monsignor Giulio Sgreccia, emerito presidente dell'Accademia per la vita, il Vaticano auspica "un intervento da parte del governo e dei ministri competenti". Perché - spiega - non "è un farmaco, ma un veleno letale" che mina anche la vita delle madri, come dimostrano i 29 casi di decesso. La Ru486 - afferma monsignor Sgreccia - è uguale, come la chiesa dice da tempo, all'aborto chirurgico: un "delitto e peccato in senso morale e giuridico" e quindi comporta la scomunica latae sententiae, ovvero automatica"cladestinità legalizzata" degli aborti.

Bianchi: "Non passi messaggio che così è più facile". Non passi il messaggio che con la Ru486 abortire diventa più facile. Lo sottolinea in una nota Dorina Bianchi, capogruppo del Pd in commissione Sanità al Senato. "Sul piano tecnico quanto stabilito dalla Agenzia del farmaco non può essere messo in discussione - prosegue la Bianchi - ma sotto il profilo culturale è importante non far passare il messaggio che ora abortire sia diventato più facile perchè basta prendere una pillola".

Università Cattolica: "Rimuovere cause dell'aborto". "Il dibattito sulla Ru486 - si legge in una nota del centro di ateneo di bioetica dell'Università Cattolica, diretto dal professor Adriano Pessina - pone in evidenza la necessità che la moratoria sull'aborto volontario si trasformi concretamente nell'opera di rimozione delle cause che lo permettono. Oggi, tra queste cause, la più rilevante non sembra essere quella economica, ma quella culturale, che ha portato al disimpegno della società, alla scomparsa della figura e della corresponsabilità paterna, che ha accettato una linea di indifferenza che di fatto conduce alla solitudine esistenziale delle madri che decidono di abortire".

Mantovano: "Donna abbandonata a se stessa". "Con la Ru486 la donna è abbandonata a se stessa, e privata anche della mera opportunità di una fase di prevenzione-dissuasione". Lo afferma, in una nota, il sottosegretario dell'Interno Alfredo Mantovano. "Ciò che turba di più nella decisione dell'Aifa - prosegue Mantovano - non è soltanto la circostanza, in sé grave, di commercializzare in Italia la Ru486 nel disprezzo del Parlamento, che da tempo, con numerose interrogazioni, ha chiesto approfondimenti scientifici in materia".

Bertolini: "Incompatibile con la legge 194"

Isabella Bertolini del Pdl: "Aumentano il rischio per la salute delle donne e contrasta con gli indirizzi ed i principi della legge 194". "Le mancate risposte sui reali pericoli che questa pillola comporta - rileva - travalicano il rispetto del principio di precauzione, che è il presupposto minimo da rispettare, quando si parla di salute".

Associazione Papa Giovanni XXIII: "Siamo in lutto". L'associazione Comunità Papa Giovanni XXIII si dichiara in lutto per l'approvazione della pillola abortiva. ''Sempre più assistiamo infatti a induzione e costrizione nelle mamme che incontriamo in procinto di abortire. Ne è la prova anche il numero sempre maggiore di extracomunitarie che abortiscono, in percentuale molto superiore alle italiane''. "Come Comunità - è la conclusione - vigileremo ora perché nessuna casa farmaceutica accetti di distribuire questo prodotto agli ospedali''.

Il vescovo di San Marino: "Pesticida umano". Monsignor Luigi Negri, vescovo della diocesi di San Marino-Montefeltro, definisce il farmaco un "pesticida umano". Questa pillola "sarà usata per togliersi qualsiasi possibilità di avere un imprevisto di carattere medico. Una decisione di questo tipo non è tecnica e basta, ma coinvolge una concezione dell'uomo e del rapporto uomo-donna".

Carlucci: "Legalizzato l'aborto fai da te". Gabriella Carlucci, parlamentare del Pdl e vicepresidente della commissione bicamerale per l'Infanzia, ha dichiarato: "Da oggi in Italia viene legalizzato l'aborto fai da te. La decisione dell'Aifa produce una domiciliazione dell'interruzione di gravidanza, in palese violazione di quanto prescritto dalla legge 194, la quale stabilisce che l'aborto deve essere praticato in ospedale e le donne adeguatamente assistite e curate. L'Aifa è stata condizionata dalla campagna ideologica e relativista messa in atto dalla sinistra italiana. A questo punto il governo deve adeguare immediatamente le linee guida della legislazione vigente se non vuole esporre le donne italiane a gravi rischi".

Gigli: "Un regalo alle multinazionali". "Viene autorizzato un prodotto per curare qualcosa che non è una malattia, malgrado siano state già accertate 29 morti e numerosi casi di infezione a seguito dell'uso della pillola. Si ritorna insomma al significato etimologico della parola farmaco come veleno e viene fatto un regalo alle multinazionali e all'ideologia radicale sulla pelle delle donne". Lo sostiene Gian Luigi Gigli, responsabile del dipartimento Salute e welfare dell'Udc.

Rotondi: "Una società senza aborto". "Non mi appassiona il dibattito sulle metodiche abortive: bisogna applicare la legge 194 nel progetto preventivo e puntare al valore di una società senza aborto, come è nelle corde di laici e cattolici". Lo dichiara il ministro per l'Attuazione del Programma di governo e leader democristiano del PdL, Gianfranco Rotondi.

Prestigiacomo:"Ok sotto controllo ospedaliero". "Se sotto controllo ospedaliero, sono d'accordo con l'introduzione della pillola Ru486 anche in Italia". Lo afferma il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo. Aggiunge: "Non sarei d'accordo se questa pillola fosse venduta liberamente nelle farmacie".

Franceschini: "Non vedo motivo per dire no". "Bisogna distinguere il dibattito politico da quello scientifico. Siccome siamo in un Paese che consente l'aborto per legge, se c'è la possibilità di avere un sistema meno invasivo per le donne non vedo un motivo per dire di no". Lo afferma il segretario del Pd Dario Franceschini a "Faccia a faccia" su Radio3.

Livia Turco: "Adesso basta con le crociate". Il capogruppo Pd in commissione Affari sociali della Camera commenta: "Spero che adesso finisca la crociata contro un farmaco che in realtà era una crociata contro le donne e i medici. Il timore di privatizzare e banalizzare l'interruzione di gravidanza e di lasciare le donne sole nascondeva la sfiducia nei confronti delle stesse donne e dei medici. Ora è necessario garantire che questa metodica abortiva sia utilizzata nel modo più appropriato e nell'ambito della legge 194. Per questo mi auguro che il ministero della Salute definisca insieme alle Regioni delle linee guida per garantire una presa in carico adeguata su tutto il territorio nazionale".

Palumbo: "Valida alternativa farmacologica". "Dal punto di vista scientifico non ho

remore sulla messa in commercio della Ru486. Ci sono regole restrittive che garantiscono la salute delle donne e l'Italia non può rimanere fuori dall'Europa". Lo ha dichiarato il presidente della commissione Affari sociali della Camera Giuseppe Palumbo (Pdl). "La Ru486 - spiega Palumbo - rappresenta solo un'applicazione medica della Legge 194 sull'interruzione di gravidanza. Una valida alternativa farmacologica all'intervento chirurgico che dà anche la possibilità a quelle donne, che non possono essere sottoposte per motivi di salute ad un'operazione, di portare a termine la propria scelta di interrompere la gravidanza, sempre comunque entro i dettami della 194. Nulla di più dunque da giustificare tanto allarmismo".

D'Avack: "Non deresponsabilizzerà le donne"

"Non credo che l'introduzione della Ru486 possa deresponsabilizzare le donne da una scelta dolorosissima qual è quella dell'aborto". Lorenzo D'Avack, giurista e vicepresidente del Comitato nazionale di bioetica (Cnb), commenta così il caso. Ma, ci tiene a precisare D'Avack, "parlo a titolo meramente personale, perché il Cnb non ha mai espresso pareri in merito".

Serracchiani: "Poniamo l'accento sulla prevenzione". "Se parliamo della pillola

abortiva Ru486, dobbiamo prima mettere l'accento, tantissimo, sulla prevenzione, soprattutto tra i giovani e giovanissimi". Lo ha detto oggi a Trieste l'europarlamentare del Pd, Debora Serracchiani.

Ferrero: "Vaticano e governo oscurantisti". "L'ingerenza del Vaticano e del governo italiano, attraverso il sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella, che mira a vietare la possibilità di utilizzare la pillola abortiva Ru486 da parte delle donne italiane, è un fatto gravissimo e inaccettabile in qualsiasi stato laico del mondo, e degno solo di una Repubblica islamica e degli ayatollah, ma soprattutto è vergognoso perchè fatto sulla pelle e in particolare sul corpo delle donne, che hanno tutto il diritto di poter scegliere liberamente se abortire o meno". Lo afferma Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione.

Don Fortunato Di Noto: "I minori l'acquistano online". "La pillola abortiva sbarca in internet e ora sempre di più in Italia ci vuole maggiore vigilanza per i minori che possono acquistarla online". Lo dice Don Fortunato Di Noto, fondatore di Meter. Diverse segnalazioni di proposte di vendita fuori dal controllo sanitario (su forum italiani e stranieri), tra ieri e oggi, sono state inoltrate alla polizia postale italiana, compartimento Sicilia Sud-Orientale, da parte dell'Associazione Meter.

Franco: "Decisione molto saggia". "La decisione dell'Agenzia del farmaco - commenta la senatrice Vittoria Franco, responsabile Pari Opportunità del Partito democratico - si dimostra molto saggia ed equilibrata perchè accompagnata da due raccomandazioni che ne regolano l'utilizzo e ne garantiscono l'efficacia: la prima stabilisce in 7 settimane il tempo di intervento e non in 9 come in altri paesi europei, la seconda prevede che tutta la procedura sia svolta rigorosamente in una struttura sanitaria a garanzia totale della salute della donna".

Mura: "Finalmente al passo con l'Europa"

"Siamo finalmente al passo con il resto d'Europa. Le donne che si troveranno costrette a ricorrere all'interruzione di gravidanza ora potranno sceglie di avvalersi di una tecnica farmacologia sicuramente molto meno invasiva dell'intervento chirurgico". Lo dichiara Silvana Mura, dell' Idv e membro della commissione Affari sociali.

Della Vedova: "Governo non cerchi rivincite". "Ora che l'Aifa ha deciso, in scienza e coscienza, di consentire anche in Italia l'utilizzo della pillola Ru486, nessuno, tanto meno il governo, cerchi rivincite". Lo afferma Benedetto Della Vedova, deputato Pdl. "Se si vuole mettere in discussione la legge che regolamenta l'interruzione della gravidanza, si abbia il coraggio di farlo direttamente, senza praticare un ingiustificato ostruzionismo politico".

 

Boniver: "Stop alle polemiche, si usa in day hospital". "Si chiude una lunghissima fase di perplessità che ha caratterizzato il dibattito politico nel nostro Paese. La pillola, che è un'alternativa all'aborto chirurgico, viene usata in quasi tutti i paesi europei dagli anni 80", lo afferma Margherita Boniver (Pdl). "La pillola - specifica - non potrà essere venduta in farmacia, ma somministrata con le apposite garanzie in day hospital e questo credo dovrebbe porre fine a molte polemiche".

(31 luglio 2009)

 

 

 

DOSSIER - La pillola dovrebbe essere disponibile nei reparti di ginecologia a settembre

Il costo: 14,28 euro per la confezione da una compressa, 42,80 per quella da tre

A settembre la vendita in farmacia

e le Regioni non possono fermarla

di MICHELE BOCCI

A settembre la vendita in farmacia e le Regioni non possono fermarla

Quando arriverà negli ospedali italiani la Ru486?

"Il farmaco dovrebbe essere disponibile nei reparti di ginecologia a settembre. La delibera approvata giovedì dall'Aifa nei prossimi giorni sarà trasmessa alla Gazzetta Ufficiale per la pubblicazione, che sancirà l'ingresso definitivo della Ru486 nel prontuario farmaceutico italiano".

Come avverrà la somministrazione del farmaco?

"Alla donna saranno date tre compresse di Ru486. Il trattamento dovrà avvenire entro la settima settimana di gestazione (per l'aborto chirurgico il limite è di 12 settimane e 6 giorni). Nel 70% dei casi l'interruzione di gravidanza avviene entro le 4 ore, nel restante 30% entro 24. Almeno 36 ore dopo il primo farmaco verrà data alla donna una prostaglandina per indurre l'espulsione del materiale abortivo, che avviene dopo meno di 4 ore".

Il ricovero sarà obbligatorio?

"La permanenza della donna in reparto durante la procedura, cioè dalla prima somministrazione all'espulsione, è uno dei punti su cui si concentrano parte delle polemiche di questi giorni. L'Aifa ha chiesto che nel rispetto della legge 194 alla donna sia "garantito il ricovero in una struttura sanitaria dal momento dell'assunzione del farmaco sino alla certezza dell'avvenuta interruzione di gravidanza". E' però un dato di fatto che nessuno può essere obbligato a restare in ospedale (salvo in caso di trattamento sanitario obbligatorio, di solito giustificato da problemi psichiatrici). La donna teoricamente potrebbe firmare dopo aver preso la Ru486 e tornare a casa".

Quanto costerà e chi pagherà il farmaco?

"Il costo della Ru486 è stato stabilito dall'Aifa circa un mese fa: 14,28 euro per la confezione da una compressa, 42,80 per quella da tre. La spesa sarà a carico del servizio sanitario nazionale, visto che si tratta di un farmaco di fascia H, cioè somministrato esclusivamente all'interno di una struttura ospedaliera".

Quante italiane che decidono di interrompere la gravidanza la useranno?

"Non è facile dare un dato sicuro. In certi ospedali, come quello di Pontedera dove la Ru486 è stata introdotta 4 anni fa, gli aborti farmacologici sono il 20% del totale. "Oggi - dice il ginecologo torinese Silvio Viale - la quota delle interruzioni sotto la settima settimana non supera il 5%. Con la Ru486 questa percentuale è destinata ad aumentare"".

É possibile che una Regione rifiuti di introdurre nel suo sistema sanitario la pillola?

"No, perché la registrazione nel prontuario farmaceutico è un atto amministrativo che autorizza l'uso del medicinale in Italia. Negare il farmaco dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale equivarrebbe a non rispettare i Livelli essenziali di assistenza, cioè le prestazioni che tutte le Regioni sono obbligate ad erogare ai cittadini. Medico e donna a cui viene negato il farmaco potrebbero aprire un contenzioso nei confronti della Regione".

Quanto è stata usata fino ad ora nel nostro paese la Ru486?

"Sono 26 gli ospedali italiani dove è stato somministrato il farmaco, prevalentemente acquistandolo direttamente dalla casa produttrice. Nel 2005 è stato usato in Piemonte e Toscana, per un totale di 132 casi. Nel 2006 si sono aggiunte Emilia Romagna, Marche e Provincia autonoma di Trento, per un totale di 1.151 casi. Nel 2007 anche la Puglia ha iniziato a somministrarlo e i casi sono stati 1.010, cioè lo 0,8% di tutte le interruzioni di gravidanza".

Come funziona la pillola abortiva?

"Blocca il progesterone, un ormone fondamentale per lo sviluppo della gravidanza. Inibisce lo sviluppo embrionale e causa il distacco e l'eliminazione della mucosa uterina, un processo simile a quello che avviene durante le mestruazioni".

Quali sono le controindicazioni e gli effetti collaterali?

"Non può essere somministrata a chi prende anticoagulanti o cortisonici. É gravemente controindicata in caso di gravidanza extra-uterina. Tra gli effetti collaterali ci sono dolori addominali, nausea, vomito e emorragie. In questi giorni si è parlato molto dei decessi. Sono stati 29 negli ultimi venti anni, come hanno detto i detrattori delle Ru486 citando un documento della stessa ditta produttrice, la Exelgyn. La pillola abortiva è stata somministrata ad oltre un milione e mezzo di donne in Europa e a più di 650 mila negli Usa".

(1 agosto 2009)

 

 

 

 

La volontà di punire

di NATALIA ASPESI

I nemici della pillola Ru486 hanno trovato un nuovo slogan per combatterla, anche adesso che è stata approvata dai sapienti componenti dell'Agenzia italiana per il farmaco: il suo uso indurrebbe a una "clandestinità legale" chi affronta con quel metodo una interruzione di gravidanza.

Anche se verrà somministrata solo in ospedale, che non si può definire un luogo propriamente clandestino. Come slogan non ha alcun significato, ma consente di riavvicinare alla parola aborto la parola clandestino, cioè a ricacciare quel drammatico evento esclusivamente femminile nell'ombra non solo del peccato ma anche in quella del crimine.

Ancora una volta donne assassine, sia pure in modo legale. Insomma, criminali legalizzate. Sono almeno trent'anni, da quando si cominciò a parlare di una possibile pillola abortiva, che fu giudicata ancora più diabolica dell'intervento chirurgico, pur spaventoso; è da più di venti, da quando in Europa ha cominciato ad essere prescritta negli ospedali e in alcuni casi venduta nelle farmacie (e adesso anche su Internet), che in Italia la si combatte con tanta fermezza che ogni tentativo di introdurla e sperimentarla alla luce del sole, cioè legalmente, è stato contrastato e fatto fallire. Naturalmente la guerra non è finita: agli obiettori di coscienza dell'intervento chirurgico si aggiungeranno quelli della pillola: a meno che, e questo sarebbe un imprevisto capovolgimento, pur di impedire l'uso luttuoso della stessa, si finisca con ritenere un male minore l'aborto tradizionale.

Tra i detrattori della povera Ru486 ci sono quelli che sbandierano i 29 decessi che avrebbe causato non si sa in quanti anni né in quanti paesi: sinceramente quando l'aborto era clandestino e quindi illegale, e al posto della chirurgia c'erano i ferri da calza e della pillola il decotto di prezzemolo, erano migliaia all'anno le donne che morivano. E a meno che ai nostri difensori dell'embrione interessi solo la sopravvivenza delle donne portatrici dello stesso, e da tener quindi lontane dalla eventuale pericolosità della pillola, bisognerebbe impedire agli italiani tutti di guidare la macchina visti i più di 5000 morti l'anno sulle strade, e anche in alcuni casi di lavorare, contando i tre morti al giorno su impalcature, pozzi, fornaci eccetera.

Clandestinità legale e decessi sono le solite espressioni di stanca ipocrisia che si ritengono dovute per ragioni politiche e non certo morali. Allora paiono più accettabili gli anatemi terrorizzanti che neppure Savonarola avrebbe pronunciato e che richiamano antichi dipinti popolari pieni di diavoli che strappano la lingua o impalano dal di dietro certi poveri nudi peccatori. In questi casi non ci si attiene alla realtà e alla logica, ma all'apocalisse più punitiva.

"Veleno letale" è una bella espressione forte, vaticana, ancora più forte "pesticida umano", lanciato come un dardo dal vescovo di San Marino. Il più savio da quelle parti è monsignor Fisichella che ricorda, come è giusto per lui, come è l'aborto in sé ad essere per un cattolico peccato grave, così grave da meritare la scomunica, come ricorda monsignor Sgreccia, appellandosi però non alle coscienze morali e religiose delle persone, ma al solito governo, perché si svegli dal suo torpore sul tema. La parlamentare Carlucci tuona, tanto per dire una sciocchezza, "si legalizza l'aborto fai da te", colpa naturalmente della sinistra anche se molte sue colleghe di coalizione, più accorte, o tacciono o non hanno nulla in contrario. C'è chi da gentiluomo, come il sottosegretario Mantovano, vuole soccorrere le donne che si sa sono sempre incapaci e sventate e guai ad abbandonarle a se stesse come avverrebbe con la pillola. Brilla come sempre per pugnace crudeltà il presidente del Movimento per la Vita Carlo Casini, al fronte antiabortista sin dagli anni 70, e da allora non si è mai fermato. Il suo timore è che la pillola banalizzi l'aborto, che le donne, inaffidabili, la prendano come un bicchier d'acqua, non percepiscano l'abisso del loro gesto, non soffrano abbastanza ed estinguano il senso di colpa e il rimpianto in meno di cent'anni.

Ci sarebbero altre cose da dire, poi viene in mente che da anni si dicono sempre le stesse, anno dopo anno, non solo contro la legge che consente l'interruzione di gravidanza (quella clandestina non interessa), ma anche contro la prevenzione, gli anticoncezionali, i condom, ugualmente degni di scomunica. Si vorrebbe che almeno per una volta visto che siamo anche noi, povere italiane, cittadine d'Europa più che del Vaticano, non si facesse tanto ripetitivo casino attorno a quell'interruzione di gravidanza che non sarà mai sconfitta né da leggi proibizioniste, né da anatemi vescovili, né dal dolore individuale o dal senso di irrimediabile perdita: perché questa è la vita delle donne, oggi di quelle più povere, più abbandonate e più sole, e meno male che adesso c'è (speriamo) la Ru486.

(1 agosto 2009)

 

 

 

 

 

 

 

http://www.cittadinolex.kataweb.it/article_view.jsp?idArt=88775&idCat=99

Per il consiglio di amministrazione la decisione conclude un iter di mutuo riconoscimento europeo

Ru 486, la nota dell'Agenzia italiana del farmaco

(Nota Aifa 31.7.2009)

La decisione "conclude anche in Italia quell’iter registrativo di mutuo riconoscimento seguito dagli altri Paesi europei". Così, tra l’altro, la nota dell’Agenzia italiana del farmaco, che precisa che l’uso della RU 486 è subordinato al rigoroso rispetto della legge per l’interruzione volontaria della gravidanza e al ricovero in una struttura sanitaria dal momento dell’assunzione del farmaco sino alla certezza dell’avvenuta interruzione della gravidanza. Il sì dell’Agenzia italiana del farmaco è stato deciso dal consiglio di amministrazione composto dal presidente Sergio Pecorelli, Gloria Saccani Jotti, Giovanni Bissoni, Romano Colozzi e Claudio De Vincenti (due professori di medicina, due politici, un economista). L'agenzia italiana del farmaco è un organismo di diritto pubblico che opera sulla base degli indirizzi e della vigilanza del ministero della salute, in autonomia in raccordo con le Regioni, l'Istituto superiore di sanità, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, le associazioni dei pazienti, i medici e le società scientifiche, il mondo produttivo e distributivo. L’Agenzia ha il potere di autorizzare la commercializzazione dei farmaci con procedura nazionale o europea secondo criteri di qualità, sicurezza ed efficacia previsti dalla normativa comunitaria. Tra i suoi compiti anche la farmacovigilanza, che avviene operando "un monitoraggio continuo delle reazioni avverse e del profilo di beneficio - rischio dei farmaci". (31 luglio 2009)

Nota dell'Agenzia italiana del farmaco 31.7.2009

Il Consiglio di Amministrazione dell’AIFA ha deliberato l’autorizzazione all’immissione in commercio del farmaco mifepristone (Mifegyne).

La decisione assunta conclude anche in Italia quell’iter registrativo di Mutuo Riconoscimento seguito dagli altri Paesi europei in cui il farmaco è già in commercio, interrompendone l’uso off-label.

Il Consiglio di Amministrazione ha ritenuto di dover precisare, a garanzia e a tutela della salute della donna, che l’utilizzo del farmaco è subordinato al rigoroso rispetto della legge per l’interruzione volontaria della gravidanza (L. 194/78). In particolare deve essere garantito il ricovero in una struttura sanitaria, così come previsto dall’art. 8 della Legge n.194, dal momento dell’assunzione del farmaco sino alla certezza dell’avvenuta interruzione della gravidanza escludendo la possibilità che si verifichino successivi effetti teratogeni. La stessa legge n.194 prevede inoltre una stretta sorveglianza da parte del personale sanitario cui è demandata la corretta informazione sul trattamento, sui farmaci da associare, sulle metodiche alternative disponibili e sui possibili rischi, nonché l’attento monitoraggio del percorso abortivo onde ridurre al minimo le reazioni avverse (emorragie, infezioni ed eventi fatali).

Ulteriori valutazioni sulla sicurezza del farmaco hanno indotto il CdA a limitare l’utilizzo del farmaco entro la settima settimana di gestazione anziché la nona come invece avviene in gran parte d’Europa. Tra la settima e la nona settimana, infatti, si registra il maggior numero di eventi avversi e il maggior ricorso all’integrazione con la metodica chirurgica.

Il Consiglio di Amministrazione si è avvalso anche dei pareri forniti dal Consiglio Superiore di Sanità e ha raccomandato ai medici la scrupolosa osservanza della legge.

La decisione assunta dal CdA rispecchia il compito di tutela della salute del cittadino che deve essere posto al di sopra e al di là delle convinzioni personali di ognuno pur essendo tutte meritevoli di rispetto.

 

 

 

Fenomeno in costante calo, ma è boom degli obiettori

di Adele Sarno

Interruzioni di gravidanza in calo, ma si abbassa l'età media delle donne che vi fanno ricorso. In forte aumento il numero dei medici obiettori di coscienza. E' quanto emerge dalla Relazione annula e sull'attuazione della 194, diffusa dal ministero della Salute

Approfondimenti

* Gli aborti dall'82 al 2006

* Per area geografica

* Chi abortisce

* La nazionalità

* Quando si abortisce

Il numero degli aborti continua a diminuire. In venticinque anni le interruzioni volontarie di gravidanza sono quasi dimezzate. La relazione annuale del ministro della Salute Livia Turco sull’applicazione della 194, dello scorso 21 aprile, rileva infatti come l’atteggiamento delle donne rispetto all’aborto sia cambiato. Dal 1982, anno record per le interruzioni di gravidanza (quasi 235mila), ad oggi c’è stato un calo del 45 per certo e, solo dal 2006 al 2007, si passati dal 131 mila a 127 mila casi (-3%). Ma sebbene la legge in trent’anni abbia dato risultati positivi, anche in termini di aborti clandestini, resta ancora qualche nodo da sciogliere. Il problema principale riguarda gli obiettori di coscienza e, di conseguenza, la certificazione necessaria per arrivare all’interruzione di gravidanza e l’esecuzione dell’aborto nelle strutture pubbliche. Dal momento della certificazione dello stato di gravidanza a quello dell’intervento può passare anche un mese. Nel 2006, 56 donne su 100 hanno abortito entro i 14 giorni, 38 entro 28 giorni e sei hanno dovuto aspettare più di quattro settimane. Ma solo il tre per cento di chi abortisce lo fa dopo i 90 giorni.

Il boom degli obiettori. Sette medici su dieci dicono di ‘no’ all’aborto. Secondo gli ultimi dati (i precedenti risalivano al 2003) l’obiezione di chi lavora nelle strutture pubbliche è aumentata in tutta Italia: per i ginecologi si è passati dal 58,7% al 69,2%, per gli anestesisti dal 45,7% al 50,4% e per il personale non medico dal 38,6% al 42,6%. Il fenomeno è in crescita soprattutto nelle regioni del Sud, il picco si raggiunge in Sicilia (84,2%) e in Campania (83%). Ma i medici veneti non sono da meno, il 79 per cento si dichiara obiettore.

Le straniere e l’aborto. Quasi un’interruzione di gravidanza su tre viene praticata da donne immigrate. Mentre sono sempre meno le italiane che ricorrono all’aborto: i dati definitivi relativi all’anno 2006 evidenziano infatti 90.587 Ivg, con una riduzione del 3,7% rispetto al 2005 e di oltre il 60% rispetto al 1982, l’anno del picco. Viceversa, le statistiche raccontano di come sia aumentato il numero delle straniere: 40.431 nel 2006 (+4,5% rispetto al 2005), pari al 31,6% del totale, mentre nel 2005 erano il 29,6%.

Il profilo di chi abortisce. Hanno tra i 20 e i 24 anni (15.9), sono per lo più nubili (47.3) e senza figli, hanno un lavoro e la licenza media o superiore. Il ministero della Salute dice infatti che il ricorso all’aborto prevale tra chi lavora (46.6 per cento), 26 donne su 100 invece sono casalinghe, quasi 17 disoccupate o in cerca di un’occupazione e 10 studiano. Solo il 7 per cento degli aborti è effettuato da chi ha una laurea, prevale chi ha la licenza media (45.9 per cento) e quella superiore (40.3 per cento). Tutto ciò, secondo il ministero della Salute, è indice che la contraccezione è molto diffusa tra chi ha un titolo di studio alto.

Fenomeno in costante calo, ma è boom degli obiettori

di Adele Sarno

Approfondimenti

* Gli aborti dall'82 al 2006

* Per area geografica

* Chi abortisce

* La nazionalità

* Quando si abortisce

E ancora, 4 delle donne che ricorrono all’interruzione volontaria di gravidanza non hanno figli, circa cinque ne hanno uno (23,3%) o due (25,3%) e soltanto una ne ha più di tre.

Quando si interrompe la gravidanza. Le statistiche dicono ancora che gli aborti vengono praticati nel 97,3 per cento dei casi entro i 90 giorni, nel due per cento dei casi entro la ventesima settimana e solo nello 0,7 per cento nella 21esima.

Il metodo più utilizzato è il Karman (66,6 per cento) segue l’isterosuzione (22.1 per cento) e il raschiamento (12.8 per cento).

Le tre tecniche si differenziano per la modalità di estrazione del materiale abortivo: mentre le prime due aspirano il contenuto dell’utero con una cannula, il terzo usa uno strumento a forma di cucchiaio che raschia le pareti uterine. Rimane elevato il ricorso all’anestesia generale, che viene praticata a 85 donne su 100.

I consultori. Sono ancora pochi i consultori in Italia e solo 37 donne su 100 vi ricorrono per ottenere la certificazione e la documentazione utile all’aborto. Sono soprattutto le straniere a fare ricorso a queste strutture perché invogliate dalla presenza delle mediatrici culturali. È aumentato però il numero dei consultori pubblici, anche se di qualche unità: erano 2.157 nel 2004, 2.063 nel 2005 e 2.188 nel 2006. Viene così disattesa la legge (34/1996) per il potenziamento dei consultori, secondo la quale ce ne dovrebbe essere uno ogni 20 mila abitanti, mentre nel 2006 il rapporto è fermo allo 0,7 per cento.

Come migliorare la 194. Il ministero della Salute e i rappresentanti delle Regioni hanno avviato il confronto per la messa a punto di uno schema per una migliore applicazione della Legge 194, con l’obiettivo di arrivare a un’Intesa in Conferenza Stato-Regioni. Lo scorso marzo però l’accordo è saltato per un veto posto dalla Lombardia, nonostante l’accordo unanime di tutte le altre Regioni e Province Autonome, delle Province e delle Comunità Montane. L’approvazione del testo è comunque rimandata alla prossima conferenza Stato-Regioni.

Tra i punti principali il potenziamento della rete dei consultori familiari.

Fenomeno in costante calo, ma è boom degli obiettori

di Adele Sarno

Approfondimenti

* Gli aborti dall'82 al 2006

* Per area geografica

* Chi abortisce

* La nazionalità

* Quando si abortisce

Saranno attivi 24 ore su 24, ci sarà un medico non obiettore in ogni distretto sanitario con utenza di 60 mila cittadini, verranno ridotti i tempi per le analisi che precedono l’interruzione volontaria della gravidanza entro i 90 giorni, aumenterà il numero delle visite di controllo e l’informazione sulla contraccezione. Inoltre proprio i consultori dovranno dare la precedenza a giovani e a immigrate, ovvero a chi abortisce di più, e offrire preservativi gratis ai meno abbienti. Per migliorare la 194, secondo il ministero della Salute, è inoltre necessario garantire la prescrizione della pillola del giorno dopo, oltre che nei consultori, anche nei pronto soccorso e alla guardia medica, accorciare i tempi tra richiesta d’interruzione della gravidanza e intervento. E, infine, evitare che si arrivi all’aborto terapeutico dopo la 21esima settimana, potenziando le strutture e formando il personale per effettuare la diagnosi.

Il ministro uscente della Salute, Livia Turco, aveva richiesto inoltre al Consiglio superiore di sanità (Css) di esprimere una valutazione scientifica sulla Legge 194, per poter "offrire indicazioni utili agli operatori del sistema sanitario". E in particolare il ministro ha chiesto un parere sulla possibilità di vita autonoma del feto, sulle modalità di impiego del farmaco Ru486 e sull’assistenza ai nati molto pre-termine. La risposta del Css, secondo il ministro della Salute, sarà fondamentale per la piena applicazione della 194, norma che la Turco stesso ha definito "saggia, lungimirante e attuale".

I medici e la Legge 194. "Pur scontando ritardi e omissioni applicative, a distanza di 30 anni dimostra tutta la solidità e la modernità del suo impianto tecnico-scientifico, giuridico e morale. Occorre supportarla". La Federazione degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo) è intervenuta a favore della Legge 194 con un documento approvato dal suo Consiglio nazionale, ribadendo che la norma ha influito sulla scomparsa dell’aborto clandestino e sulla riduzione del numero degli aborti

(23 aprile 2008)

 

 

 

 

Dalle mammane alla 194

La legge compie 30 anni

Fino al 1978 l'interruzione di gravidanza era un delitto contro l'integrità e la sanità della stirpe ed era vietato parlare di anticoncezionali. Per la Dc e per la Chiesa ogni forma di depenalizzazione era inconcepibile. Il movimento femminista si mosse allora in tutta Europa

Approfondimenti

L'iter della legge: la scheda

di Anna Bravo

Chi avrebbe immaginato, nel 1968, ‘69, ‘70, che nel giro di qualche anno in Italia si sarebbe varata una normativa per la legalizzazione dell´aborto? All´epoca il tema non rientra negli obiettivi dei movimenti, e neppure del preoccupato Pci. Per la democrazia cristiana e per la Chiesa qualsiasi forma di depenalizzazione è inconcepibile. L´opinione pubblica, oltre che divisa, sembra pigra. A sollevare la questione, il Movimento di liberazione della donna, vicino al Partito Radicale, alcuni dei primi gruppi femministi, qualche giornale di impegno civile, qualche esponente socialista, in prima fila Loris Fortuna. Non è poco, ma non basta.

Eppure su come vanno le cose si sa tutto o quasi. Le donne abortiscono clandestinamente - il che, se qualcuno l´avesse dimenticato, voleva dire ricerca affannosa di un medico, un´ostetrica, una praticona, soldi da trovare, appartamenti - scannatoio senza nome sul campanello, prezzo pagato in anticipo, un tavolo da cucina come letto operatorio, metodi pericolosi, a volte letali. In questi anni si può morire perché non si riesce a ottenere un intervento più sicuro. E perché la Repubblica non ha ancora trovato modo di abrogare la legge fascista, che fa dello Stato il titolare della fecondità nazionale, persegue l´aborto come delitto contro l´integrità e la sanità della stirpe, e con l´articolo 553 del Codice penale vieta l´informazione sugli anticoncezionali, assimilati a materiale pornografico. Senza questi dati elementari, oggi sarebbe difficile capire il senso di slogan come "io sono mia", oppure "l´utero è mio e lo gestisco io", così simili al "potere studentesco" del ‘68 nell´utopismo sovrano e nella capacità di rendere lo spessore della storia.

Un corpo sociale minimamente sensibile vedrebbe l´aborto clandestino come una ferita, una classe politica e intellettuale responsabile come un´urgenza. Ma tutto resta fermo finché non si fa strada il movimento delle donne, più variegato, ampio, influente, di quanto si aspettavano le stesse femministe. La campagna per la depenalizzazione è anzi in tutto l´occidente la svolta verso una dimensione di massa - anche le legislazioni democratiche criminalizzano l´aborto, sia pure con motivazioni diverse da quelle del codice fascista - e verso un nuovo clima più benevolo e solidale.

L´interessante è che la lotta esplode quasi contemporaneamente in paesi molto diversi, e che segue una strategia per certi aspetti simile. Spesso si parte da un processo altamente scandaloso per la condizione dell´accusata - giovane età, gravidanza in seguito a stupro, problemi economici o di salute - e se ne fa un "caso" capace di scuotere l´opinione pubblica. In Italia spiccano il processo del ‘73 alla giovane Gigliola Pierobon, e l´incriminazione nel ‘74 a Trento di 273 donne.

E´ comune anche il passaggio alla pratica degli obiettivi, come si diceva allora, con la creazione di Centri in cui si praticano aborti o si organizzano viaggi in Inghilterra e Olanda.

L´impalcatura delle leggi proibizioniste crolla dovunque più rapidamente del previsto. Perché i tempi sono cambiati, ma soprattutto perché fra le donne ha prevalso una strategia saggia, visibilità e provocazione da un lato, realismo dall´altro, vale a dire ancoraggio all´esperienza. E grazie a questo legame che il femminismo sostituisce alla contrapposizione aborto/non aborto quella fra aborto legale e aborto clandestino, che insiste sul destino dei figli non voluti, che si interroga sul concetto di diritto all´aborto, sul senso stesso di una legge.

E qui le strade divergono. Nei gruppi del femminismo storico si teme che quel concetto riduca l´aborto a una tappa fra le altre nell´allargamento dei diritti civili; ci si chiede se sia il caso di sostenere una legge che pretenda di decidere sul corpo delle donne, cui spettano invece "la prima parola e l´ultima". L´Udi preme per una regolamentazione, salvando però la facoltà di decidere delle donne. Le femministe della "nuova sinistra", che puntano alla depenalizzazione e insistono sul gap di classe, vedono nella lotta sull´aborto anche l´amata opportunità di uscire "all´esterno"; e uscita all´esterno vuol dire raccolte di firme, grandi manifestazioni, lavoro nei quartieri a fianco delle donne. E risultati. Una legge lo è. Sarà una buona legge, non la migliore possibile.

Questo è un pezzo di storia studiato e chiarito. Ce n´è un altro più in ombra, fitto di contraddizioni. Lo schieramento per la depenalizzazione - femministe, politici, intellettuali - insiste quasi in blocco sui costi fisici e psichici dell´aborto, fino a fare del dolore femminile un assoluto. Non è sempre stato così: nel ‘71 una femminista nota, Elvira Banotti (La sfida femminile, De Donato), aveva sostenuto che l´aborto può essere anche un momento di libertà e di pienezza; che se qualcuna lo vive come un trauma, è perché da secoli lo si considera un peccato e un crimine: una tesi che semplifica l´insemplificabile, e che viene accantonata senza discuterla. Nel medesimo schieramento, si parla delle donne come di vittime, ma senza spiegare se siano o no le uniche. Si definisce mortifero l´aborto, ma lo si dice in senso simbolico.

Si crea così un modello di racconto, un copione in cui la donna soffre e agisce per stretta necessità. E questa diventa l´unica cifra socialmente accettabile per raccontare un´esperienza che è invece carica di ambivalenze, a cominciare dal rapporto con il feto.

Dietro quel copione ci sono buone ragioni di ordine politico.

Il fronte antidepenalizzazione assimila l´aborto all´omicidio, alcuni gruppi "pro life" usano (e osano) mostrare fotografie di minuscoli feti con braccia gambe testa, bambini in miniatura. I partiti di sinistra esitano; più che una mediazione si profila un compromesso. Ma ci sono anche altre inquietudini. Parlare di aborto implica definire cos´è vita, quando comincia, in che rapporto stia con la coscienza, e forse concentrarsi sul dolore è un modo per non chiedersi chi o cosa lo provoca, chi o cosa viene rimpianto. A dispetto delle sue molte voci, su questo punto il femminismo rimane quasi del tutto silenzioso, le donne rischiano di consegnare il monopolio dell´etica ai credenti, alla Chiesa - o ai suoi politici di fiducia.

Eppure fra i due estremi del feto-persona e del feto-grumo di cellule, anche in questi anni c´è uno spazio in cui lavorare. Fra le studiose americane di filosofia morale, qualcuna si confronta seriamente con gli argomenti "pro life", ma spostando l´attenzione dalle caratteristiche del feto al suo rapporto con la donna.

Passaggio importante: una cosa è attribuirgli i diritti fondamentali, altra cosa è sancire il suo diritto specifico a ricevere tutto quel che gli è necessario per vivere. Judith Jarvis Thomson ricorre a un paradosso: ammettiamo, scrive, che un cittadino prezioso, per esempio un violinista inarrivabile, possa restare in vita solo se una donna - quella e nessun´altra - accetta di metterglisi al fianco e di restarci ininterrottamente, collegata a lui da una macchina. Per lei, dire di sì diventa un obbligo morale? O, più sensatamente, è un´opzione che è libera o no di scegliere, anche se il rifiuto porta alla morte di lui?

Troppo astratto, aveva detto qualcuna all´epoca.

Ma anni dopo se ne trova eco in un atto unico di Jane Martin, Keely and Du, dove una giovane donne violentata dal marito e decisa a abortire viene rapita da un prete e dalla sua aiutante, che per scongiurare quello che giudicano un omicidio decidono di tenerla incatenata fino al parto, ridotta a puro contenitore del feto. "Per amore", dicono, e l´autrice, raccontando la relazione che nasce fra le due donne, lascia capire che, per quanto deviato, è in parte reale. Programmato in Italia a marzo, Keely and Du è stato ben accolto. Segno, forse, che la disponibilità a misurarsi con il nucleo etico dell´aborto è aumentata. Qualcuno lo considera un guadagno: parlando degli anni Settanta, un uomo raccontava tempo fa di aver sottoscritto tutti gli appelli per la depenalizzazione. Oggi li avrebbe firmati ugualmente, spiegava, ma dopo aver pensato di più e a molte più cose di allora..

 

 

 

 

La pillola del giorno dopo

E’ boom di vendite

Il consumo è aumentato negli ultimi tre anni. Si è passati dai circa 280 mila del 2005, ai quasi 290 mila del 2006, fino ai 342 mila del 2007. Il farmaco inibisce l'ovulazione ma non blocca la gravidanza. di Adele Sarno

Approfondimenti

I CONSUMI 2005-2007

È un contraccettivo d'emergenza e come tutti gli anticoncezionali ha lo scopo di impedire la gravidanza. La 'pillola del giorno dopo' deve essere prescritta da un medico e va presa solo occasionalmente, ovvero quando c'è stato un rapporto sessuale non protetto o in seguito al fallimento di un altro metodo contraccettivo (per esempio dopo la rottura del profilattico). In caso di necessità quindi si può assumere una compressa di questo prodotto che contiene un ormone progestinico ad alto dosaggio, il levonorgestrel.

In Italia mensilmente vengono vendute circa 27 mila confezioni di Norlevo o Levonelle, gli unici due farmaci in commercio nel nostro paese. E il consumo è aumentato negli anni: si è passati dai circa 280 mila del 2005, ai quasi 290 mila del 2006, fino ai 342 mila del 2007. Spesso però i molti medici si rifiutano di prescriverla, considerandola in qualche modo come un farmaco capace di alterare i meccanismi che regolano la gravidanza. "Tutto ciò accade – spiega Silvio Viale, il ginecologo piemontese che ha sperimentato la Ru486 a Torino – nonostante la pillola del giorno dopo sia un contraccettivo, il cui funzionamento inoltre è molto simile a quello di un altro anticoncezionale: la spirale. Entrambe impediscono l'annidamento dell'ovulo eventualmente fecondato sulle pareti dell'utero".

Come funziona. Il levonorgestrel blocca l'ovulazione quando il rapporto sessuale è avvenuto nella fase pre-ovulatoria. In caso contrario agisce sulla parete interna dell'utero, quella su cui si impianta la gravidanza (l'endometrio), impedendo l'impianto dell'ovulo eventualmente fecondato. Se, invece, si assume a gravidanza già avvenuta, non la interrompe.

L'efficacia. Quanto prima si prende la pillola tanto più è elevata la possibilità di evitare di rimanere incinta. Se viene somministrata entro le 24 ore l'efficacia è massima (oltre il 95 per cento), ma diminuisce se presa tra le 24 e le 48 ore (85 per cento) e si riduce ulteriormente se usata fra 48 e 72 ore (58 per cento). Non funziona se si assume troppo tardi o se c'è già una gravidanza legata ad un altro rapporto. Dal momento che la pillola va usata solo sporadicamente, in dosi limitate e per breve durata sono rare le controindicazioni. In ogni caso possono comparire entro 48 ore dall'assunzione del farmaco e vanno dalla nausea al vomito, dai dolori addominali alla diarrea. In tal caso è opportuno consultare un medico.

Il ciclo mestruale. Assumere la pillola del giorno non incide sulla comparsa delle mestruazioni. Queste possono arrivare un po' in anticipo o un po' dopo, può capitare invece che siamo più abbondanti. Se comunque si verifica un ritardo di 5-7 giorni, o se il ciclo è diverso dal solito (più scarso o più breve), è comunque possibile che ci sia la gravidanza, in tal caso è opportuno fare un test.

(4 marzo 2008)

 

 

 

 

Pillola abortiva

RU486: presto in tutti gli ospedali

L'Agenzia italiana del farmaco ha dato il via libera alla commercializzazione della pillola abortiva. Entro maggio sarà completata la registrazione. Ecco come funziona il farmaco già sperimentato da più di mille donne in cinque regioni italiane. di Adele Sarno

Approfondimenti

GLI ABORTI CON LA RU486

La Ru486 sta per arrivare anche negli ospedali italiani. L'Agenzia italiana del farmaco ha dato il via libera alla commercializzazione della pillola abortiva, approvando il 'mutuo riconoscimento' richiesto il 12 novembre dalla Exelgyn Laboratoires (l'azienda che produce la Ru486) all'Agenzia Europea per il farmaco (Emea). Sulla base di tale procedura il paese che ha già sperimentato, autorizzato e registrato il medicinale, in questo caso la Francia, può chiedere che venga messo sul mercato in altri Stati europei. Adesso però bisognerà attendere fino a maggio perché le strutture pubbliche, le uniche autorizzare a distribuire la pillola abortiva, possano somministrarla a chi la richiede. L'Aifa infatti deve mettere a punto le modalità per la rimborsabilità della Ru486 dal parte del Servizio sanitario nazionale e, infine, ricevere l'ok definitivo del proprio Consiglio di amministrazione e attendere la pubblicazione in Gazzetta ufficiale.

Per i tecnici della Agenzia del farmaco però c'è ancora un problema da risolvere. La RU486, infatti, può essere somministrata alle donne con un altro farmaco, il misoprostolo, che è autorizzato in Italia esclusivamente come gastroprotettore e non per uso ginecologico. Dunque, spetterà alla Comitato tecnico scientifico dell'Aifa decidere se ampliare le indicazioni di questo prodotto, consentendone l'uso in aggiunta alla pillola abortiva, o se autorizzarne l'utilizzo 'off label' ('fuori indicazione').

Il lungo viaggio della pillola abortiva. La Ru486 è stata messa in vendita in Francia nel 1988, in Gran Bretagna nel 1991 e in Svezia nel 1992, per poi arrivare in quasi tutta Europa, con l’esclusione di Italia, Irlanda e Portogallo. La sperimentazione nel nostro paese, seppur tra le polemiche, è iniziata negli ultimi mesi del 2005. Le prime regioni che hanno usato il farmaco sono state il Piemonte e la Toscana, con un totale di 132 aborti farmacologici. Ad altre 1.151 donne è stato somministrata la Ru486 nel 2006, anche l'Emilia Romagna, Trento e le Marche però offrivano la possibilità di ricorrere all'aborto farmacologico.

La sperimentazione dell'Ospedale Sant'Anna di Torino, condotta dal dottor Silvio Viale, però è stata interrotta nell’agosto del 2006, dopo l’apertura di un’indagine della Procura che ha iscritto proprio il ginecologo piemontese nel registro degli indagati, con l’accusa di aver permesso alle donne di lasciare l’ospedale dopo la somministrazione della prima pillola, in attesa della seconda assunzione due giorni dopo.

La fase di indagine si è conclusa lo scorso 19 febbraio, quando la Procura ha annunciato di voler chiedere il rinvio a giudizio per Viale e per altri tre medici, accusati di aver violato il protocollo sulla sperimentazione dell'aborto farmacologico.

Il funzionamento dell'aborto farmacologico. La pillola abortiva è un farmaco che si somministra solo dopo che il ginecologo ha verificato che la gravidanza sia tra la sesta e la nona settimana, parametri approvati lo scorso giugno dall'Emea. "Alla paziente – spiega il dottor Silvio Viale, il ginecologo che ha avviato la sperimentazione della pillola abortiva al S.Anna di Torino – vengono date una o tre compresse di mifepristone (il vero nome della Ru486). Il farmaco agisce sul progesteone, un ormone che favorisce e assicura il mantenimento della gravidanza per le sue diverse azioni sulle strutture uterine, bloccandone l'azione".

Generalmente dopo la prima somministrazione l'azione della Ru486 necessita di essere completata. "Due giorni dopo – continua Viale – viene assunta dalla paziente un'altra compressa a base di prostaglandina (il misoprostolo per bocca o il gemeprost per via vaginale), che induce l'espulsione del materiale abortivo". In pratica questa sostanza provoca le contrazioni uterine e favorisce l'eliminazione della mucosa e dell'embrione, in genere entro mezza giornata. Dopo circa 10 giorni la donna torna in ospedale per un'ecografia di controllo. "Raramente, dall'1 al 5 per cento dei casi – conclude il ginecologo – è necessario un intervento chirurgico per completare l’aborto o per ridurre il sanguinamento eccessivo. Gli unici effetti indesiderati potrebbero riguardare il dolore, che richiede in un terzo dei casi l'assunzione di antidolorifici, e le perdite ematiche abbondanti che si protraggono in media per 9-10 giorni".

Le differenze con l'aborto chirurgico. L'aborto chirurgico, praticato legalmente in Italia dal 1978, anno in cui è entrata in vigore la Legge 194, prevede un intervento con anestesia, locale o totale, e ricovero. La donna deve formulare una richiesta scritta, controfirmata da un medico non obiettore. "L'operazione – spiega il dottor Viale – prevede lo svuotamento dell'utero in anestesia locale o generale. Ma non bisogna dimenticare che possono esserci delle complicazioni (come il sanguinamento) sebbene il dolore immediato sia attutito dall'anestesia". Anche il coinvolgimento della donna fa la differenza. "La paziente che sceglie l'aborto farmacologico – conclude il ginecologo – è più autonoma nell'atto. È lei infatti che assume il farmaco. Nell'aborto chirurgico invece l'azione è delegata al medico e la sofferenza attutita dall'anestesia".

(4 marzo 2008)

 

 

 

 

Aborto terapeutico

Abortire oltre i tre mesi: la scheda

La Legge 194 prevede che l'interruzione di gravidanza debba avvenire entro i novanta giorni dal concepimento, ma c'è la possibilità di praticarla anche dopo i tre mesi. È il caso del cosiddetto aborto terapeutico volto a preservare la salute della madre. di Adele Sarno

Si può ricorrere all'interruzione di gravidanza a scopo terapeutico solo quando è in pericolo lo stato di salute della madre. La legge non fissa limiti temporali, fa eccezione solo la Regione Lombardia che, con un decreto, ha fissato alla 22esima settimana e tre giorni il tempo limite per praticare l'aborto terapeutico. Le condizioni patologiche della donna possono essere gravi malattie cardiovascolari e renali e alcuni tipi di tumore che richiedono cure, come la chemioterapia, che possono essere dannose per il feto. "Ma le anomalie o le malformazioni del nascituro da sole non bastano a giustificare il ricorso all'interruzione di gravidanza a scopo terapeutico – chiarisce il dottor Lino Chiandetti, responsabile dell'unità di terapia intensiva e patologia neonatale del dipartimento di pediatria dell'università di Padova –. È necessario, infatti, che un medico o uno psichiatra attesti che le gravi malformazioni del feto siano tali da causare danni psichici o fisici alla madre, tanto da metterne in pericolo la vita".

I nati vivi. La 194 prevede che "quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, il medico che esegue l'intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardarne la vita". Proprio per fronteggiare questa eventualità, il ministero della Salute ha stabilito quelle che sono le modalità di assistenza ai prematuri. Sono contenute nel documento "Cure perinatali nelle età gestazionali estremamente basse (22-25 settimane)", reso pubblico lo scorso febbraio. Va ricordato, inoltre, che, secondo i dati del ministero della salute, la nascita di feti in età gestazionale è estremamente bassa: meno di 2 casi ogni 1000 nati vivi.

I tempi. Per quanto riguarda le modalità di cura e assistenza rispetto alle età gestazionali il documento indica che entro le 22 settimane più sei giorni "al neonato devono essere offerte solo le cure compassionevoli, salvo in quei casi, del tutto eccezionali, che mostrassero capacità vitali". Se invece si parla di una nascita entro le 23 settimane più sei giorni "e sussistono condizioni di vitalità – si legge sul documento – il neonatologo, coinvolgendo i genitori nel processo decisionale, deve attuare un'adeguata assistenza, che va proseguita solo se efficace". Se si superano le 24 settimane più sei giorni "il trattamento intensivo è sempre indicato e va proseguito in relazione alla sua efficacia". A partire dalle 25 settimane di età gestazionale, invece, vi è elevata probabilità di sopravvivenza e possono essere attuate anche cure intensive. Il documento infine sottolinea che "il neonato non sottoposto a cure intensive, perché considerato non vitale, ha diritto a cure compassionevoli. Deve essere trattato con rispetto, amore e delicatezza. Cure destinate anche a chi, pur rianimato inizialmente, non dimostri possibilità di sopravvivenza". Proprio sulle cure da prestare al feto estremamente prematuro ma vitale si sono divisi i neonatologi delle cliniche universitarie romane. In un documento, i medici romani, hanno suggerito "di trattare un feto come qualsiasi persona in condizione di rischio e assisterlo adeguatamente indipendentemente dall'età gestazionale", quindi anche al di sotto della 24esima settimana. Proprio per questo parte dei medici si è dichiarato contrario, vedendo questo tipo di intervento come un accanimento terapeutico.

Qual è il destino di chi sopravvive? "La scienza medica e le tecnologie attuali consentono la sopravvivenza di neonati che nascono alla 22esima-23esima settimana gestazionale – spiega il dottor Lino Chiandetti – con percentuali variabili fra i diversi Centri, ma che si aggirano attorno al 30-40 per cento. Circa il 20 per cento dei neonati gravemente pretermine va incontro a patologie croniche gravi che ne condizionano la qualità della vita futura: paralisi cerebrale, disturbi cognitivi e comportamentali, cecità, sordità, malattia polmonare cronica".

(4 marzo 2008)

 

 

 

Obiezione di coscienza

Settanta medici su 100 dicono ‘No’

Settanta ginecologi su cento si dichiarano obiettori. La legge assicura comunque alla donna il diritto di poter abortire. Il medico può avvalersi della clausola di coscienza e non prescrivere la pillola del giorno dopo. di Adele Sarno

Approfondimenti

* Medici

* Anestesisti

* Personale non medico

La maggior parte dei camici bianchi italiani si dichiara obiettore di coscienza. Il dato emerge dalla relazione annuale del ministro della Salute sull'attuazione della 194 dello scorso 21 aprile. Ogni cento medici ce ne sono circa settanta che dicono di no all'aborto, sia chirurgico sia farmacologico. E così per le donne italiane interrompere una gravidanza può essere più complicato, anche perché spesso si oppongono gli anestesisti (50,4%) e il personale non medico (42,6%). Ma può diventare un problema anche farsi prescrivere la pillola del giorno dopo, un contraccettivo d'emergenza. "Alcuni medici infatti - spiega Giacomo Milillo, segretario della Federazione dei medici di medicina generale (la Fimmg) - sollevano obiezione di fronte al farmaco autorizzato dal Servizio sanitario nazionale, attribuendo questa scelta all'azione del medicinale che, a differenza dei comuni contraccettivi ormonali che impediscono l'ovulazione (come la pillola per esempio), interviene anche quando questa è già avvenuta, ostacolando l'impianto dell'ovulo sulle pareti uterine". E lo fanno invocando la clausola di coscienza prevista dal Codice deontologico della categoria e non dalla Legge 194.

 

Come funziona l'obiezione. A dettare le regole per l'obiezione è la Legge 194. Il personale sanitario può non prendere parte agli interventi per l'interruzione di gravidanza quando solleva obiezione di coscienza, ma deve dichiararlo al conseguimento dell'abilitazione o quando viene assunto da un ente ospedaliero o da una casa di cura autorizza. L'obiezione può comunque essere revocata. E alla donna che desidera abortire però deve essere comunque garantita la possibilità di farlo. Sempre nell'ambito delle regole previste dalla legge.

La clausola di coscienza. Differente dall'obiezione è la clausola di coscienza. La prima infatti è prevista dalla 194, mentre la seconda dal Codice deontologico. "Il problema - spiega il dottor Giacomo Milillo - nasce quando un medico si rifiuta di prescrivere la pillola del giorno dopo e si appella alla clausola di coscienza, che però non ha lo stesso impianto giuridico dell'obiezione". L'articolo 22 del Codice deontologico dei medici infatti prevede che "il sanitario al quale vengano richieste prestazioni che contrastino con la sua coscienza o con il suo convincimento clinico possa rifiutare la propria opera, a meno che questo comportamento non metta in pericolo la vita del paziente". E così accade molto spesso che chi voglia utilizzare un contraccettivo d'emergenza riceva un rifiuto. A quel punto però "è lo stesso medico che deve garantire alla donna soluzioni diverse - continua Milillo - fornendole il nome di un collega non obiettore o indirizzandola verso un Pronto Soccorso Ostetrico-Ginecologico. E il tutto deve essere fatto entro i tempi che consentono che il farmaco sia efficace". Quanto prima si prende la pillola infatti tanto più diminuisce la possibilità di rimanere incinta.

 

Se è il medico di famiglia a rifiutare. Una donna che ha avuto un piccolo "imprevisto" con il proprio compagno per la somministrazione della pillola del giorno dopo può rivolgersi al medico di famiglia, visto che può essere venduta solo con ricetta. Ma la situazione potrebbe complicarsi: "Sulla pillola c'è molta disinformazione - afferma Milillo - e i medici non sono stati adeguatamente informati e aggiornati. Niente di strano quindi se un medico di famiglia possa essere spaventato dalle polemiche che periodicamente infuriano su questi temi, e aver paura di commettere errori che potrebbero anche avere conseguenze legali". A quel punto la paziente ha due alternative. "O ritiene che il rifiuto turbi il rapporto di fiducia con il suo medico, e quindi deve immediatamente scegliere un altro - conclude Milillo - oppure deve pretendere che il suo medico le garantisca comunque il servizio, o prescrivendo lui stesso la pillola o più opportunamente garantendo all'assistito soluzioni diverse, fornendole appunto il nome di un altro medico".

(23 aprile 2008)

 

 

 

 

 

L'UNITA'

per l'articolo completo vai al sito Internet

http://www.unita.it

2009-08-01

Pillola abortiva, ill Vaticano critica il governo: "Non tutti si sono impegnati"

Il via libera, atteso da anni, alla pillola abortiva Ru486 è arrivato da 48 ore e la polemica non si placa. Partito il pressing per indurre l'Agenzia del farmaco ad adottare almeno norme restrittive rispetto all'uso, il Vaticano incalza soprattutto il governo, accusandolo di non aver fatto tutto il possibile per scongiurare quesdto esito. L'Avvenire bacchetta l'esecutivo: "non tutti si sono impegnati a dovere", dice un editoriale. Ma è intervenuto direttamente anche il presidente della Cei Bagnasco, secondo cui l'arrivo della pillola sarebbe "una crepa nella civiltà". Lo stesso cardinale invita i medici a far crescere l'obiezione di coscienza. Gli risponde il presidente del consiglio regionale toscano Nencini, secondo cui nella regione che già applica l'uso della RU486 non si è registrato alcun aumento di aborti".

Il presidente dei vescovi usa parole impegnative, con l'evidente intenzione di far pressione sul governo. Con la RU486, ragiona Bagnasco, "si rende tutto più facile", e s'induce sempre più a considerare "l'aborto come un anticoncezionale, cosa che la legge 194 assolutamente esclude". Bagnasco afferma di aver provato "tristezza, amarezza, preoccupazione" dopo il via libera dell'Aifa, e bolla la decisione come "una crepa nella nostra civiltà". "Dove non c'è rispetto integrale della vita umana nel suo concepimento, nella sua fragilità e poi nel suo tramonto - spiega - la società è meno umana. E' amaro che così prevalga il diritto del più forte".

Bagnasco accusa la politica, che non ha fatto tutto il possibile per arginare questa "deriva": "Si può ragionevolmente fare di più, nel rispetto dei meccanismi democratici", dice il presidente dei vescovi italiani, augurandosi che si alzi "una voce più coraggiosa, chiara, argomentata a tutti i livelli sui temi della vita umana" da parte dei "laici cattolici". E' "pretestuoso" invocare l'allineamento all'Europa per giustificare la scelta della pillola abortiva: gli "obiettivi" indicati dagli organi sovranazionali, secondo Bagnasco, vanno considerati "solo quando sono orientati al bene, all'ordine morale. Diversamente, un Paese membro deve discostarsi, dando il buon esempio agli altri e diventando capofila di una inversione di marcia". Infine un appello ai medici, affinchè "cresca" l'obiezione di coscienza, "nata da profondi convincimenti".

Era già stato duro, ieri, anche l'Osservatore Romano, che in un articolo di prima pagina rivolto ai medici e intitolato "Un vero e proprio aborto apparentemente facile". "Si tratta dunque di un vero e proprio aborto che giustifica un controllo medico estremamente rigido". Il ricorso alla pillola appena liberalizzata dall'Agenzia italiana del farmaco "appare così come una sorta di contraccezione tardiva e non come un vero e proprio aborto. Una donna che esiterebbe ad abortire può essere tentata di ricorrervi grazie alla sua apparente facilità di impiego", scrive il professore emerito di medicina interna all'Università di Paris Descartes, presidente d'onore del comitato consultivo francese di etica. "Personalmente non sono un militante contro la Ru486. Credo semplicemente che si tratti di un procedimento abortivo più complesso di quanto sembri. La sua apparente facilità di impiego rischia di far dimenticare che l'aborto rimane una decisione grave non priva di rischi. La Ru486 trasferisce alla sola responsabilità apparente della donna una decisione che spesso i medici non desiderano prendere".

 

Il presidente del presidente della Pontificia accademia per la vita Monsignor Sgreccia aveva minacciato subito la scomunica: "Automatica per chi la usa e per chi la somministra", tuona il prelato, che intanto invoca "un intervento da parte del governo e dei ministri competenti". La pillola abortiva non "è un farmaco, ma un veleno letale" - sostiene - e assumerla è un "delitto e peccato in senso morale e giuridico" e quindi comporta la scomunica latae sententiae, ovvero automatica"cladestinità legalizzata" degli aborti.

Il ministro del Welfare Sacconi è in campo. Di fronte al via libera alla pillola abortiva, scrive all'agenzia per il farmaco che l'ha deciso perché provveda al più presto a definire una serie di norme che ne restringano l'uso. E, in caso di norme non sufficientemente severe a suo giudizio, prepara un provvedimento di applicazione della 194 che preveda il ricorso a test piscologici per escludere dall'uso della pillola abortiva possibili categorie da considerare eventualmente "a rischio".

"Prendo atto dell'autonoma decisione dell'Aifa di considerare sussistenti i requisiti tecnici per l'impiego della RU486", dice il ministro. Ma il ministero del welfare ha "il dovere di vigilare affinchè l'uso del farmaco di cui si è appena autorizzata l'immissione in commercio non comporti il minimo rischio di indebolimento delle garanzie e dei presidi previsti dalla legge 194 a tutela della salute della donna, anche nell'ambito fondamentale della prevenzione dell'interruzione volontaria di gravidanza", spiega in una lettera inviata oggi al presidente e al direttore generale dell'Aifa.

E lo incalza perché l'uso della Ru486 sia vincolato alla degenza ospedaliera. Secondo il ministro non ci deve essere differenza tra pillola abortiva ed aborto chirurgico. "L'Aifa - scrive il ministro - dovrà tenere conto, in particolare, dei pareri del Consiglio superiore di Sanità in merito alla sicurezza del metodo chimico, che è pari a quella del metodo chirurgico solo se l'intera procedura si svolge all'interno della struttura sanitaria". La stessa decisione del Consiglio di amministrazione - a suo avviso - "appare esprimere la unanime consapevolezza in esso della necessità di rimuovere i pericoli impliciti in un metodo che potrebbe determinare minore attenzione ai profili etici, sociali e sanitari e che rischia di ricondurre l'aborto in un ambito di solitudine privata".

Il punto su cui fa leva sarà la normativa che dovrà regolare l'uso della pillola. L'Aifa - sottolinea Sacconi - ha infatti "ritenuto di condizionare la somministrazione della pillola abortiva ad una serie di regole che dovranno essere definite in sede tecnica dalla stessa Agenzia, sulla base della rigorosa coerenza con la legge 194/78". E su quelle regole ora si sposta la battaglia. "L'Aifa - scrive, infatti, Sacconi - saprà indicare nel dettaglio le modalità con cui garantire il pieno rispetto della legge 194, la quale impone il ricovero in una struttura sanitaria 'dal momento dell'assunzione del farmaco fino alla certezza dell'avvenuta interruzione della gravidanza', come ricordato dallo stesso comunicato del Consiglio di amministrazione dell'Agenzia".

In esso, sottolinea il ministro, "si ribadisce anche che la legge prevede 'una stretta sorveglianza, da parte del personale sanitario cui è demandata la corretta informazione sul trattamento, sui farmaci da associare e sui possibili rischi, nonchè l'attento monitoraggio del percorso abortivo onde ridurre al minimo le reazioni avverse".

Il’Ru486 ha compiuto 21 anni, è commercializzato in Francia dal 1988, in Gran Bretagna dal 1991, nel resto d’Europa dal 2000. Riconosciuto dall’Oms dal 2003.

E c’è una legge dello Stato italiano che autorizza l’interruzione volontaria di gravidanza. Una buona legge la cui applicazione, nell’arco di oltre trent’anni, registra ogni anno la diminuzione degli aborti. Anche se oggi deve fronteggiare il dramma delle donne immigrate che abortiscono in percentuale molto più alta delle italiane.

La procedura tecnica affidata all’Aifa, l’agenzia per il farmaco era, sulla carta, molto semplice, poiché si basa sul criterio del mutuo riconoscimento che vige nei paesi Ue. Invece è stata di una lentezza esasperante, visto che la la domanda di autorizzazione da parte della casa produttrice francese, la Exalgyn, risale al 2007, anno in cui il farmaco è stato autorizzato dall’agenzia europea.

Eppure la legge 194 prevede "l’uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell'integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l'interruzione della gravidanza". È sulla base di questo, spiega l’assessore alla sanità della Toscana Enrico Rossi, che abbiamo potuto "rompere l’embargo e reggere anche ai ricorsi che sono stati presentati". In Toscana, in Emilia Romagna, in Puglia, nelle Marche, nel Trentino. "Il medico fa una richiesta motivata a nome della donna e la Ru486 viene importata".

Ma, racconta la ginecologa romana Elisabetta Canitano, "è tutto molto complicato, la richiesta è nominativa e individuale, poi devi attendere che il farmaco arrivi, infine il medico deve andare a sdoganarlo". Ci vuole una settimana per ricevere la confezione dalla Francia. E la pillola abortiva può essere utilizzata solo entro 49 giorni mentre per l’intervento chirurgico la legge italiana prevede tre mesi.

Le obiezioni alla pillola abortiva, per lo più provenienti dal mondo cattolico e argomentate da Assuntina Morresi e Eugenia Roccella in un libro del 2006, sono tre: c’è un maggior rischio per la donna, perché si sono registrate 29 morti nel mondo dall’anno di commercializzazione, nel 1988. Ma "Tutti i farmaci sono pericolosi - sostiene Massimo Srebot - la pillola abortiva non lo è più di altri". E il ginecologo torinese Silvio Viale: "A parte il fatto che il movimento per la vita ha fatto salire queste morti da 7 a 16 e ora a 29 non si sa su quale base, negli Stati Uniti nel 2003 sono state segnalate 59 morti per l’aspirina".

L’altra obiezione è quella dell’"aborto fai da te". Ma in Italia, in base alla 194, i due farmaci, il mifegyne il primo giorno e la prostaglandina il terzo, vengono somministrati nelle strutture ospedaliere. C’è poi il controllo dell’avvenuto aborto. Se il processo non è avvenuto o non è completo, la donna si dovrà sottoporre a un raschiamento. È la terza obiezione: "la Ru486 non evita, in molti casi, l’intervento chirurgico", dice Paola Binetti. Ma fra il 2005 e il 2008 nell’ospedale di Pontedera diretto da Srebot "La pillola è stata usata in 250 casi su 600 aborti l’anno e solo nel 4 % di questi si è dovuto ricorrere ad un intervento successivo".

"È un farmaco molto sicuro se usato correttamente", difende il professor Emilie-Etienne Baulieu, 82 anni, che lo inventò nel 1982. "Le morti negli Stati Uniti - spiega - sono state causate dall’intento di risparmiare della ditta produttrice che prescriveva una anziché tre dosi di Ru486 e inseriva in vagina, aumentando il rischio di infezioni, anziché dare per bocca le prostaglandine".

Baulieu contesta anche che con la pillola l’aborto sia per la donna più facile. "La donna - dice - in questo caso è pienamente cosciente mentre con l’intervento chirurgico è anestetizzata e si affida ad altri".

31 luglio 2009

 

 

 

 

 

Ru-486, seduta a oltranza. Poi il via alla pillola abortiva. Il Vaticano insorge

Il via libera, atteso da anni, alla pillola abortiva Ru486 è appena arrivato. E già parte il pressing per indurre l'Agenzia del farmaco ad adottare almeno norme restrittive rispetto all'uso. Il Vaticano incalza. Il presidente del presidente della Pontificia accademia per la vita Monsignor Sgreccia minaccia la scomunica: "Automatica per chi la usa e per chi la somministra", tuona il prelato, che intanto invoca "un intervento da parte del governo e dei ministri competenti". La pillola abortiva non "è un farmaco, ma un veleno letale" - sostiene - e assumerla è un "delitto e peccato in senso morale e giuridico" e quindi comporta la scomunica latae sententiae, ovvero automatica"cladestinità legalizzata" degli aborti.

Ma il ministro del Welfare Sacconi è già in campo. Di fronte al via libera alla pillola abortiva, scrive all'agenzia per il farmaco che l'ha deciso perché provveda al più presto a definire una serie di norme che ne restringano l'uso. "Prendo atto dell'autonoma decisione dell'Aifa di considerare sussistenti i requisiti tecnici per l'impiego della RU486", dice il ministro. Ma il ministero del welfare ha "il dovere di vigilare affinchè l'uso del farmaco di cui si è appena autorizzata l'immissione in commercio non comporti il minimo rischio di indebolimento delle garanzie e dei presidi previsti dalla legge 194 a tutela della salute della donna, anche nell'ambito fondamentale della prevenzione dell'interruzione volontaria di gravidanza", spiega in una lettera inviata oggi al presidente e al direttore generale dell'Aifa.

E lo incalza perché l'uso della Ru486 sia vincolato alla degenza ospedaliera. Secondo il ministro non ci deve essere differenza tra pillola abortiva ed aborto chirurgico. "L'Aifa - scrive il ministro - dovrà tenere conto, in particolare, dei pareri del Consiglio superiore di Sanità in merito alla sicurezza del metodo chimico, che è pari a quella del metodo chirurgico solo se l'intera procedura si svolge all'interno della struttura sanitaria". La stessa decisione del Consiglio di amministrazione - a suo avviso - "appare esprimere la unanime consapevolezza in esso della necessità di rimuovere i pericoli impliciti in un metodo che potrebbe determinare minore attenzione ai profili etici, sociali e sanitari e che rischia di ricondurre l'aborto in un ambito di solitudine privata".

Il punto su cui fa leva sarà la normativa che dovrà regolare l'uso della pillola. L'Aifa - sottolinea Sacconi - ha infatti "ritenuto di condizionare la somministrazione della pillola abortiva ad una serie di regole che dovranno essere definite in sede tecnica dalla stessa Agenzia, sulla base della rigorosa coerenza con la legge 194/78". E su quelle regole ora si sposta la battaglia. "L'Aifa - scrive, infatti, Sacconi - saprà indicare nel dettaglio le modalità con cui garantire il pieno rispetto della legge 194, la quale impone il ricovero in una struttura sanitaria 'dal momento dell'assunzione del farmaco fino alla certezza dell'avvenuta interruzione della gravidanza', come ricordato dallo stesso comunicato del Consiglio di amministrazione dell'Agenzia".

In esso, sottolinea il ministro, "si ribadisce anche che la legge prevede 'una stretta sorveglianza, da parte del personale sanitario cui è demandata la corretta informazione sul trattamento, sui farmaci da associare e sui possibili rischi, nonchè l'attento monitoraggio del percorso abortivo onde ridurre al minimo le reazioni avverse".

Che la strada sarebbe stata in salita era chiaro. Una lunga e faticosa riunione ha preceduto il via libera da parte dell'Aifa. Il CdA dell’Agenzia del farmaco si è riunito intorno alle 17 di ieri: all’ordine del giorno l’autorizzazione alla pillola abortiva. Il via libera è arrivato solo dopo le 23, a maggioranza.

Eppure l’Ru486 ha compiuto 21 anni, è commercializzato in Francia dal 1988, in Gran Bretagna dal 1991, nel resto d’Europa dal 2000. Riconosciuto dall’Oms dal 2003.

E c’è una legge dello Stato italiano che autorizza l’interruzione volontaria di gravidanza. Una buona legge la cui applicazione, nell’arco di oltre trent’anni, registra ogni anno la diminuzione degli aborti. Anche se oggi deve fronteggiare il dramma delle donne immigrate che abortiscono in percentuale molto più alta delle italiane.

La procedura tecnica affidata all’Aifa, l’agenzia per il farmaco era, sulla carta, molto semplice, poiché si basa sul criterio del mutuo riconoscimento che vige nei paesi Ue. Invece è stata di una lentezza esasperante, visto che la la domanda di autorizzazione da parte della casa produttrice francese, la Exalgyn, risale al 2007, anno in cui il farmaco è stato autorizzato dall’agenzia europea.

Eppure la legge 194 prevede "l’uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell'integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l'interruzione della gravidanza". È sulla base di questo, spiega l’assessore alla sanità della Toscana Enrico Rossi, che abbiamo potuto "rompere l’embargo e reggere anche ai ricorsi che sono stati presentati". In Toscana, in Emilia Romagna, in Puglia, nelle Marche, nel Trentino. "Il medico fa una richiesta motivata a nome della donna e la Ru486 viene importata".

Ma, racconta la ginecologa romana Elisabetta Canitano, "è tutto molto complicato, la richiesta è nominativa e individuale, poi devi attendere che il farmaco arrivi, infine il medico deve andare a sdoganarlo". Ci vuole una settimana per ricevere la confezione dalla Francia. E la pillola abortiva può essere utilizzata solo entro 49 giorni mentre per l’intervento chirurgico la legge italiana prevede tre mesi.

Le obiezioni alla pillola abortiva, per lo più provenienti dal mondo cattolico e argomentate da Assuntina Morresi e Eugenia Roccella in un libro del 2006, sono tre: c’è un maggior rischio per la donna, perché si sono registrate 29 morti nel mondo dall’anno di commercializzazione, nel 1988. Ma "Tutti i farmaci sono pericolosi - sostiene Massimo Srebot - la pillola abortiva non lo è più di altri". E il ginecologo torinese Silvio Viale: "A parte il fatto che il movimento per la vita ha fatto salire queste morti da 7 a 16 e ora a 29 non si sa su quale base, negli Stati Uniti nel 2003 sono state segnalate 59 morti per l’aspirina".

L’altra obiezione è quella dell’"aborto fai da te". Ma in Italia, in base alla 194, i due farmaci, il mifegyne il primo giorno e la prostaglandina il terzo, vengono somministrati nelle strutture ospedaliere. C’è poi il controllo dell’avvenuto aborto. Se il processo non è avvenuto o non è completo, la donna si dovrà sottoporre a un raschiamento. È la terza obiezione: "la Ru486 non evita, in molti casi, l’intervento chirurgico", dice Paola Binetti. Ma fra il 2005 e il 2008 nell’ospedale di Pontedera diretto da Srebot "La pillola è stata usata in 250 casi su 600 aborti l’anno e solo nel 4 % di questi si è dovuto ricorrere ad un intervento successivo".

"È un farmaco molto sicuro se usato correttamente", difende il professor Emilie-Etienne Baulieu, 82 anni, che lo inventò nel 1982. "Le morti negli Stati Uniti - spiega - sono state causate dall’intento di risparmiare della ditta produttrice che prescriveva una anziché tre dosi di Ru486 e inseriva in vagina, aumentando il rischio di infezioni, anziché dare per bocca le prostaglandine".

Baulieu contesta anche che con la pillola l’aborto sia per la donna più facile. "La donna - dice - in questo caso è pienamente cosciente mentre con l’intervento chirurgico è anestetizzata e si affida ad altri".

31 luglio 2009

 

 

 

Marino: "Ho visto le donne morire di infezioni. La pillola abortiva è sicura"

Ignazio Marino si fa largo fra i napoletani che gli si affollano attorno al suo arrivo in stazione. "Ti attaccano perché ti temono, vai avanti", sorride una donna. Che dice Marino dell'attacco? "Ho querelato per diffamazione il Foglio e anche il Giornale per avermi chiamato 'esperto di eutanasia'. Sono contrario all'eutanasia, che nei due paesi dove ho licenza di esercitare la professione, Stati Uniti ed Italia, è un reato analogo all'omicidio volontario". Cosa dice in sua difesa? Che chi pubblica carte su un contenzioso fra amministratori della sanità in Sicilia e manager di Pittsburgh dovrebbe avere la decenza professionale di raccontarla tutta, la storia. Che nel suo sito ha messo on line tutte le carte. Si scopre che qualche mese prima c'era stata una trattativa per il rinnovo della convenzione fra l'università americana e la pubblica amministrazione siciliana: che in cambio di un rinnovo per nove anni gli americani chiedevano più posti in consiglio di amministrazione. Uno dei posti da liberare era quello di Marino. Poi la lettera sulle note spese duplicate, ottomila dollari su un fatturato - in quel centro trapianti - di 40 milioni. "Ho già detto quel che dovevo. Sono stato io stesso a denunciare la discrepanza nelle note spese pregando di correggerla. E' tutto documentato. Il resto è una campagna diffamatoria a cui non intendo dar fiato". Alla domanda di un giornalista - lei quanto prende per un'operazione? - la mattina Marino aveva risposto che "è mal posta, così, ma che se vuole sapere quanto rimborsa l'assicurazione in America per un trapianto di fegato - in media 8 ore di intervento - sono 30 mila dollari".

La bufera su ospedali e sedi pugliesi dei partiti politici di centrosinistra sono cronaca di ieri. Sullo sfondo: sanità e affari. "La commissione d'inchiesta sul servizio sanitario nazionale di cui sono presidente ha deciso oggi di varare un'indagine sui "Fenomeni di corruzione nell'ambito del Ssn". E’ una notizia, spero di vederla pubblicata. Relatori saranno i senatori Cosentino e Bianconi. Uno dei punti sarà certo il criterio di nomina dei primari: un cittadino che si rivolge al servizio sanitario deve essere sicuro che quel medico sia lì per meriti e non perché ce lo ha messo qualcuno. Poi certo gli appalti. Ricordo che nel 1999, quando ero a Palermo, si fece una gara da 100 miliardi di vecchie lire per la costruzione di un centro trapianti. Fu vinta da una ditta sulla quale la prefettura ci fece giungere poi un documento: diceva che il controllo di fatto della ditta era esercitato da un soggetto incarcerato per reati da 41 bis. Dovetti annullare la gara. Fui in seguito denunciato dalla ditta per il danno economico che gli avevo arrecato". Bisognerebbe raccontarla tutta, la storia.

Il tema che tiene banco oggi però è quello della pillola abortiva. Gliene domandano a Napoli. Marino è cattolico. Il Vaticano ha annunciato la scomunica per chi ne farà uso. Cosa pensa? "Sono stato studente di medicina negli anni 70, ricordo giovani donne con l'utero perforato dagli aghi delle mammane. Non dimentico il volto delle ragazze morte per infezione. Da credente penso che uno stato laico debba avere una legge sull'aborto. La 194 è una legge equilibrata. L'aborto è un dramma che solo una donna può capire fino in fondo. Da medico dico che quando la decisione è presa spetta al medico ascoltare la donna: se per qualche motivo non può subire interventi, non può essere sottoposta ad anestesia il medico deve illustrarle le possibilità che la medicina offre. Ci sono 39 trials internazionali con studi Cochraine sulle due molecole che producono effetti abortivi. Ne confermano la sicurezza. La pillola ha avuto l'approvazione della Food and drugs adm. Che si è basata su 500mila casi clinici in 12 paesi. Gli ‘eventi avversi’ - l’esito tragico - sono 607 su 500 mila, tutti dovuti ad infezioni ed emorragie avvenute in condizioni logistiche e igieniche diverse da quelle che prescrive la legge italiana. A casa, per esempio, e dipende da dove hai casa. Dunque il farmaco può essere somministrato con sicurezza a due condizioni: che sia il medico a prescriverlo, che il decorso sia controllato in ambiente clinico appropriato. Altre considerazioni non dovrebbero aver luogo".

31 luglio 2009

 

Vogliono colpire i diritti delle donne

di Emma Bonino

E se si fosse trattato di un farmaco innovativo per la cura della prostata anziché della RU486, avremmo avuto tutto questo fuoco di sbarramento? Credo proprio di no. Ma quando si tratta della donna, allora predomina ancora una cultura che impone per noi dolore e sofferenza fisica. Come nel caso dell'aborto, nonostante la legge 194 già prevedesse per gli enti ospedalieri di tener conto del progresso tecnologico e delle nuove tecniche meno intrusive e violente.

L'Italia è davvero un paese bizzarro. La politica entra in settori che non dovrebbero riguardarla. Ed infatti questo farmaco è stato vietato in Italia proprio per veti della politica di stampo più clericale, quella che si arroga il diritto per esempio di stabilire se si possono e devono impiantare 3 o 5 ovociti, se idratazione e alimentazione forzata siano un intervento sanitario o meno... In questo caso, per condizionare l'Agenzia del farmaco si è risorti pure ad una discutibile contabilità dei morti, la cui "presunta connessione" con la RU486 sembra valere solo in Italia. In nessun altro paese questo ha rappresentato un ostacolo alla registrazione del farmaco e il dossier completo è noto da tempo.

Insomma invece di limitarsi a stabilire il quadro normativo, la politica entra nel merito delle cure o delle terapie, normalmente nel tentativo di svuotarne i contenuti e comunque di limitare la libertà di scelta delle persone e delle donne in particolare.

Il risultato di tante interferenze politiche, e non, è che il via libera alla RU486 arriva in Italia con venti anni di ritardo rispetto a Francia, Svezia e Regno Unito, con dieci rispetto agli Usa. L'EMEA, l'Agenzia europea del farmaco, ha approvato già nel 2007 la nuova scheda tecnica della RU486: a questo punto la decisione dell'Aifa è al limite un atto dovuto.

Se si vuole ridurre davvero il ricorso all'aborto allora la strada maestra è quella di promuovere la contraccezione e i metodi per la procreazione responsabile, realizzando specifiche campagne informative e pubblicitarie.

Certo, se poi c'è chi si oppone anche a questo, compresa la pillola del giorno dopo, allora la strada diventa tutta in salita.

Insomma ogni giorno peggio, scomunica compresa. Bisogna quindi reagire riprendendo con forza le battaglie laiche (e per questo profondamente religiose) per la libertà di scelta delle persone compresa quella di cura e di terapia. A partire dall'imminente passaggio alla Camera dell' incredibile testo "etico" varato dal Senato. O si appresta il PD a ripetere le contorsioni già viste in base all' "opinione prevalente" delegando ai radicali un'appassionata e netta battaglia parlamentare?

31 luglio 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

il SOLE 24 ORE

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2009-08-01

Il Vaticano: "Non resteremo passivi"

Sacconi chiede vincoli precisi sull'uso

31 luglio 2009

Monsignor Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia della Vita (LaPresse)

Che cos'è la RU486

La prima pagina dell'Osservatore Romano del 1° agosto

COMMENTA la notizia

SONDAGGIO / Secondo voi è giusto?

VISTI DA LONTANO / Pillola abortiva: in Francia dall'88, in Spagna dal 2000 (di Elysa Fazzino)

LA TESTIMONIANZA / "Ero nella cattolica Baviera e ho usato quella pillola"

In Europa 600mila prescrizioni l'anno

Emma Bonino: "Le interferenze clericali hanno ritardato il sì di 20 anni"

Il Card. Martino: "Chi sopprime l'embrione si pone fuori dalla Chiesa"

Dopo il via libera alla commercializzazione in Italia della pillola abortiva Ru486, immediata è arrivata le reazione della Chiesa. Dalla prima pagina dell'Osservatore Romano, il giornale ufficiale del Vaticano, monsignor Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia della Vita, ribadisce la condanna della pillola Ru486."La Chiesa non può mai assistere in maniera passiva a quanto avviene nella società". La pillola, sottolinea il presule, è "una tecnica abortiva perché tende a sopprimere l'embrione da poco annidato nell'utero della madre".

L'embrione, prosegue Fisichella "non è un ammasso di cellule né un pò di muffa come qualcuno ha avuto l'ardire di definirlo; è la vita umana vera e piena". Sopprimerla, prosegue il presule, "è una responsabilità che nessuno può permettersi di assumere senza conoscerne a fondo le conseguenze". Per questo, conclude monsignor Fisichella: "dinnanzi alla superficialità che spesso incombe permane immutato l'impegno per la formazione, così da cogliere giorno dopo giorno l'impegno per vivere la sessualità, l'affettività e l'amore con gioia e non con preoccupazione, ansia e angoscia".

 

Sacconi: vincoli all'uso della pillola. Il Governo, intanto, attraverso una lettera scritta dal ministro alla Salute Maurizio Sacconi al presidente e al direttore generale dell'Aifa, ha chiesto "indicazioni certe circa i modi di utilizzo del farmaco affinché esso sia vincolato nella prassi al rispetto dei profili della legge attraverso l'individuazione di un percorso attentamente definito per l'interruzione volontaria di gravidanza farmacologica". Come ministero, spiega Sacconi, "abbiamo il dovere di vigilare affinché l'uso del farmaco di cui si è appena autorizzata l'immissione in commercio non comporti il minimo rischio di indebolimento delle garanzie e dei presidi previsti dalla legge 194 a tutela della salute della donna, anche nell'ambito fondamentale della prevenzione dell'interruzione volontaria di gravidanza".

Sacconi ha poi fatto riferimento ai pareri espressi dal Consiglio superiore di sanità "in merito alla sicurezza del metodo chimico, che è pari a quella del metodo chirurgico solo se l'intera procedura si svolge all'interno della struttura sanitaria". Nella sua lettera, in cui ribadisce l'autonomia decisionale dell'Aifa, Sacconi sottolinea anche come la stessa decisione del Consiglio di amministrazione, di "condizionare la somministrazione della pillola abortiva ad una serie di regole che dovranno essere definite in sede tecnica dalla stessa Agenzia", appare esprimere "la unanime consapevolezza in esso della necessità di rimuovere i pericoli impliciti in un metodo che potrebbe determinare minore attenzione ai profili etici, sociali e sanitari e che rischia di ricondurre l'aborto in un ambito di solitudine privata".

31 luglio 2009

 

 

 

 

 

Pillola abortiva: in Francia dall'88, in Spagna dal 2000

di Elysa Fazzino

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31 luglio 2009

Il via libera alla pillola abortiva in Italia fa notizia anche in Francia e in Spagna. Le Monde ha un richiamo sulla homepage del suo sito, "Luce verde in Italia per la pillola abortiva". Il quotidiano economico francese Les Echos e lo spagnolo El Mundo mettono nel titolo che è stata autorizzata nonostante le pressioni del Vaticano. I servizi pubblicati sono in gran parte dell'agenzia di stampa francese Afp. C'è particolare attenzione Oltralpe poiché è il laboratorio francese Exelgyn che aveva chiesto nel 2007 di mettere sul mercato italiano il farmaco, autorizzato in Francia dal 1988.

L'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) – sottolineano i servizi – ha approvato la Ru486 "nonostante le forti pressioni della Chiesa e le reticenze del governo Berlusconi". "Oltre alla Chiesa cattolica, che difende i "diritti" del'embrione "dal suo concepimento", anche la destra conservatrice e parecchi membri del governo di Silvio Berlusconi erano reticenti alla commercializzazione della RU486". Le Monde fa un neretto "Veleno mortale", registrando le parole di monsignor Elio Sgreccia, che ha riaffermato "la scomunica per il medico, le donne e tutti coloro che spingono all'utilizzo" della RU486. Tutti registrano la frase di Luca Volonté (Udc): "E' il trionfo della cultura della morte".

La legge italiana del 1978 che autorizza l'aborto – si legge sui media francesi – ha anche permesso ai medici di usare il diritto di "obiezione di coscienza" per rifiutare di praticare l'atto, una possibilità applicata dal 70% dei ginecologi italiani, secondo le cifre ufficiali. Nel 2008, in Italia sono stati praticati 121.406 aborti, in calo del 4,1% rispetto al 2007.

Secondo i dati del governo italiano – si legge su Les Echos - 29 donne sarebbero morte nel mondo dopo avere preso la RU486. Per Exelgyn è un'accusa "ridicola": citando quanto detto a La Repubblica, l'Afp riferisce che si tratta di casi in cui il farmaco non è stato preso secondo le indicazioni. Nel 2005, le sperimentazioni della pillola in tre ospedali italiani avevano suscitato "vive proteste" negli ambienti religiosi e conservatori.

In Spagna – precisa El Mundo – il farmaco si commercializza dal febbraio 2000. Sul sito del quotidiano spagnolo sono pubblicati diversi commenti dei lettori, pro e contro la pillola. Un anonimo scrive: "Suppongo che i dittatori, genocidi e terroristi non rappresentino una cultura della morte e, pertanto, non meritino la scomunica…".

31 luglio 2009

 

 

 

 

 

In Europa 600mila prescrizioni l'anno

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31 Luglio 2009

"Dai nostri archivi"

Pillola abortiva: in Francia dall'88, in Spagna dal 2000

Ogni anno sono 600mila le pillole Ru486 vendute in Europa per 200mila confezioni. Ma i numeri di questo mercato sono sicuramente molto più grandi se si contano altri tre giganti: gli Stati Uniti, dove il farmaco ha un'altra denominazione commerciale, e soprattutto l'India e la Cina, dove da anni sono disponibili i generici, le copie cioè del medicinale originale. In questi ultimi due Paesi, tra l'altro, l'aborto è sempre più uno strumento contraccettivo piuttosto che l'ultima scelta a disposizione delle donne: basti pensare che in Cina sono 13 milioni di interruzioni volontarie di gravidanze, mentre in India sono almeno 500mila solo gli aborti "selettivi" di feti femminili.

La pillola della controversia è nata 27 anni fa. E tra polemiche, scontri, battaglie giudiziarie e anche clamorose pressioni politiche, è in commercio nella maggior parte dei Paesi europei, in Russia oltre che, come detto, negli Usa, in Cina e in India. La storia del mifepristone (così si chiama il principio attivo della pillola) ha inizio nel 1982, quando il ricercatore francese Etienne-Emile Baulieu presenta i risultati degli studi condotti da una équipe del laboratorio Roussel-Uclaf, da cui il farmaco prende le iniziali seguite dal numero progressivo del progetto: appunto Ru486.

Le sperimentazioni cliniche danno esito favorevole, e nel settembre del 1988 la Francia è il primo Paese ad autorizzare la sua prescrizione per le interruzioni volontarie di gravidanza entro il 49° giorno. Un mese dopo, a causa delle pressioni anche da parte dell'azionista principale (il colosso tedesco Hoechst) è la stessa Roussel-Uclaf a sospendere la distribuzione. Ma il ministro della Sanità d'Oltralpe impone all'industria di riprendere immediatamente a distribuire il farmaco (con il nome di Mifegyne), i cui diritti saranno infine ceduti al medico Edouard Sakiz, uno dei primi ricercatori ora in pensione, che dà vita alla società francese Exelgyn.

Nel 1991 è la volta della Gran Bretagna e nel 1992 della Svezia, cui si aggiungono negli anni seguenti molti altri Paesi, in virtù degli automatismi che scattano per i farmaci già approvati da un Paese dell'Unione. Negli Stati Uniti, dove le pressioni degli antiabortisti sono fortissime, l'azienda cede nel 1994 tutti i diritti sulla molecola al "Population council", un'organizzazione che si occupa di pianificazione familiare e che la distribuirà con il nome commerciale Mifeprex solo dal 2000. Prima di allora non bastarono infatti le pressioni politiche ai più alti livelli: la più clamorosa fu quella nel 1993 dell'allora presidente americano Bill Clinton che con un lungo e insistente pressing sull'azienda produttrice, svelato dopo la pubblicazione dei suoi carteggi, puntò senza successo allo sbarco sul mercato Usa della Ru486.

(Mar.B.)

31 Luglio 2009

 

 

 

 

 

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